PARLA IL D.G.
È dura dover sempre vincere»
Basile: il Varese, le scelte, la pressione. «Siamo ambiziosi, ma servono vivaio e strutture per durare»
Da semplice tifoso a direttore generale. Con in testa un’idea fissa: riportare in alto il Varese dotandolo di basi economiche solide. Paolo Basile è uomo cruciale del club di piazzale De Gasperi: ha partecipato alla rinascita nell’estate 2015, è diventato uomo forte dodici mesi più tardi, ora ricopre la carica di dg. Rivisitando l’anno solare che sta tramontando sono molti i ricordi che affiorano, in primis la promozione in D. Ma non è la vittoria sul campo l’emozione più forte che ha provato...
«Più dei risultati - confessa - mi sono rimasti dentro l’attaccamento della tifoseria, il riavvicinamento della città ad un qualcosa che le era stato sottratto. Il Varese era fallito e lo abbiamo fatto ripartire. L’avere ancora una squadra di calcio, con un futuro da scrivere, ha un valore inestimabile».
L’Eccellenza è stata dominata: facile?
«Sembra che tutto sia scontato perché ti chiami Varese, in realtà non è così. Il timore di non farcela c’era. Eravamo obbligati a vincere, non potevamo sbagliare».
Quest’anno la concorrenza è più agguerrita e competitiva…
«Infatti. E forse i sostenitori più moderati nei giudizi lo comprendono. Sanno che il risultato della prima squadra è soltanto una parte di un lavoro molto più grande. Però il tifoso di calcio ti chiede la vittoria a tutti i costi».
Dunque occorre coniugare la voglia di risultato e la necessità di dare solidità al club.
«Appunto. Da una parte ci sforziamo di far tornare i conti, strutturare, creare basi per il futuro. Dall’altra dobbiamo ascoltare chi chiede solo il risultato. Diciamolo: all’inizio in pochi scommettevano su un Varese primo al giro di boa, ma ora che siamo in testa ci chiedono di stravincere…».
Complicato fare calcio a Varese?
«Sì. È una città difficile: ti può dare tanto ma togliere altrettanto.
Basile e l’avventura da dirigente...
«A me piace il rapporto umano: sono nato in curva, mi ritengo umile, parlo coi tifosi. Il mio ruolo attuale mi impone tuttavia misura e lucidità. Contemperare tutto ciò non è semplice. Ho vissuto situazioni di sconforto e difficoltà, per fortuna il sostegno della Curva, consapevole che non ho interessi personali, c’è sempre stato e mi ha aiutato».
Come si è imbarcato nell’avventura Varese?
«Nell’estate 2015 Enzo Rosa, socio fondatore, si è fatto promotore di una raccolta fondi per la rinascita del Varese. Io mi sono fatto avanti per dare un aiuto concreto».
Lo ha fatto: oggi Ruben Tomella e Aldo Taddeo sono due colonne del Varese a livello finanziario e ad avvicinarli alla società è stato lei…
«Mi sono reso conto che mettendo passione e dedizione in una società si riesce a trasmettere entusiasmo ad altri imprenditori. Non avevo e non ho tempo di aspettare che gli aiuti mi piovano dal cielo, così vado a cercarmeli».
Ci sono i soldi in caso di salto in Lega Pro?
«Per ora Tomella e Taddeo garantiscono solidità per una D di vertice, ma stiamo lavorando per reggere la Lega Pro. Io voglio vincere, certo, ma anche e soprattutto che la società continui ad esistere. Abbiamo bisogno di investire in vivaio e strutture per non rischiare di sparire dopodomani».
Il 2016 è stato anche l’anno del valzer dei mister (Melosi, Ramella, infine Baiano) e di alcune scelte controverse.
«Vero. Però ogni volta che ho preso una decisione l’ho fatto pensando che fosse la cosa migliore per il Varese. Ho sempre ragionato per il bene del gruppo a scapito delle singole persone. Melosi è un dispiacere che mi porto dietro: gli ho voluto bene, avevamo un bellissimo rapporto. Ramella l’ho scelto perché ero convinto che potesse dare tanto, oltretutto si è dimostrata una persona con un’educazione d’altri tempi. Purtroppo, però, ho via via capito che esisteva della prevenzione nei suoi confronti. E non so il perché. Da dirigente ti trovi a compiere scelte dolorose».
La città chiedeva anche il ritorno di Marrazzo…
«Ho provato a confermarlo, poi ho ritenuto che fosse meglio che non tornasse. Anche in questo caso nell’interesse del gruppo, che viene prima del singolo.
Una valutazione sull’organico attuale?
«Viste le altre concorrenti dico che abbiamo una squadra importante, un gruppo molto unito. Non è poco».
E mister Baiano?
«È un allenatore con la bava alla bocca. Un vincente. Ha una grande voglia di emergere, si sta dedicando anima e corpo al suo lavoro».
Un’ultima domanda: succederà qualcosa durante il mercato dei professionisti?
«Vedremo…».
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