LA PROPOSTA
Adunata per Giulio Regeni
Proposta social per il 25 gennaio e il vicesindaco rilancia: manifesto giallo sul balcone del Comune
«Un’adunata silenziosa sotto Palazzo Estense, per ricordare Giulio Regeni, massacrato e poi assassinato nei giorni successivi alla sua sparizione, il 25 gennaio di due anni fa al Cairo, in Egitto».
L’appello di Amnesty International lo rilancia sui social il pubblicitario varesino Alessandro Goitane l’effetto quasi immediato è la prima adesione illustre: quella del vicesindaco Daniele Zanzi.
«Il 25 gennaio 2016 - scrive Goitan nella sua pagina Facebook - scompariva Giulio Regeni. In molte piazze italiane sono indette iniziative per non dimenticarlo. A Varese, attualmente, non mi risulta ancora nulla. Allora vorrei rendermi promotore di un’iniziativa spontanea e silenziosa. Alle ore 20 del 25 gennaio troviamoci davanti al Comune, ingresso Giardini Estensi, per ricordare Giulio. Senza discorsi, senza bandiere, solo con un cartello giallo (ma è più importante la vostra presenza) che potrete scaricare da questo link e stamparlo».
«Nessuno dimentica - ha replicato subito Zanzi - anzi. Vediamo la fattibilità di mettere striscione giallo sul balcone palazzo come avviene in tanti altri Comuni ma comunque giovedì ci sarò».
L’adunata di Amnesty, nelle piazze d’Italia è in realtà fissata per le ore 19.41, quando migliaia di luci saranno accese in memoria di una tragedia su cui incombe un silenzio sinistro.
Regeni, dottorando di Cambridge ed esperto di questioni mediorientali, fu ritrovato morto in un fossato lungo la strada del deserto, Cairo-Alessandria. Era il 3 febbraio 2016.
Quel giorno, il 25 gennaio, dopo aver scritto un sms alla sua fidanzata (proprio alle 19.41, ultimo suo messaggio), che viveva in Ucraina, Regeni sparì.
Il 3 febbraio successivo il suo cadavere fu scoperto, mutilato.
Il generale Khaled Shalabi tentò di depistare le indagini in modo goffo sostenendo che Regeni era rimasto vittima di un incidente stradale e la polizia egiziana seguì la traccia dell’insabbiamento sostenendo prima che il ventottenne era stato ucciso a causa di dissidi emersi da una sua presunta relazione omosessuale e poi ritoccò la versione, adducendo un movente legato agli stupefacenti.
Tutti sviamenti che portarono l’allora ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, in Egitto per una visita diplomatica, a rientrare in Italia.
L’esito della perizia medico legale svolta in Egitto attestò invece che Regeni era stato torturato per un massimo di sette giorni a intervalli di 10-14 ore, prima d’essere ucciso, circa dieci ore prima del ritrovamento del cadavere.
Il 24 marzo 2016, la polizia egiziana uccise quattro presunti malviventi «specializzati in sequestri di stranieri a scopo di estorsione» e per avvalorare la tesi del sequestro finito in omicidio, mostrò pubblicamente oggetti personali di Regeni che sarebbero stati nella disponibilità dei quattro assassinati. Un’altra pista farlocca, smentita dalle stesse autorità giudiziarie egiziane.
Nel 2017 il regime di Al Sisi ha poi fatto incarcerare Ibrahim Metwali, ovvero il legale che si occupava del caso Regeni in Egitto, con l’accusa di sovversione e terrorismo.
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