GENETICA
Alla ricerca della felicità
Gruppi di ricerca di psicologi, ma anche di biochimici e genetisti, ogni anno si esercitano a cercarne le radici, forse il segreto, affannandosi in particolar modo attorno al 20 marzo, quando in tutto il mondo si celebra la Giornata della felicità voluta dall’Onu nel 2012 per sancire questo obiettivo tra quelli da perseguire in ogni nazione.
La chiave della felicità potrebbe essere in fin dei conti più facile di quanto si creda: risiede in attività semplici, creative e rilassanti come dipingere, scrivere poesie o canzoni, provare una nuova ricetta, lavorare a maglia o all’uncinetto. E ci sarebbe anche un’età per la felicità secondo alcuni ricercatori californiani, che avrebbero individuato il suo picco dopo i 40 anni, nonostante i primi acciacchi e il declino cognitivo.
Le età critiche, quelle più stressanti della nostra vita, sono infatti tra i 20 e i 30 anni, poi mano a mano che si entra nella mezza età ogni anno o decade che si aggiunge significa maggiore felicità, dice una ricerca della University of California San Diego School of Medicine, pubblicato sul «Journal of clinical psychiatry».
La scienza si chiede anche se la felicità sia innata e i ricercatori coordinati da Meike Bartels e Philipp Koellinger, dell’università di Vrije ad Amsterdam, hanno individuato tre varianti genetiche coinvolte nella felicità, di cui due legate ai sintomi della depressione e undici punti del genoma correlati a nevrosi.
Si tratterebbe quindi di una sorta di mappa dei geni - ospitata sulle prestigiose pagine della rivista scientifica «Nature» - che hanno un ruolo nella sensazione di benessere delle persone, ancora però tutto da comprendere meglio.
Ma la «ricetta della felicità» andrebbe forse chiesta ai danesi perché sono loro al primo posto del World Happiness Report 2016, mentre l’Italia è solo 50esima per il secondo anno consecutivo. Viene subito dopo Stati come Uzbekistan, Malesia e Nicaragua ed è tra i dieci Paesi con la maggiore diminuzione della felicità tra il 2005 e il 2015. Comprensibilmente i dieci Paesi con il maggiore calo nella valutazione della vita, secondo lo studio, in genere soffrono di un insieme di tensioni economiche, politiche e sociali.
Tre di questi Paesi (Grecia, Italia e Spagna) sono tra i quattro Paesi dell’Eurozona più colpiti dalla crisi. In testa alla classifica troviamo Svizzera, Islanda, Norvegia.
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