DANDY BOSINO
Anchisi, il casual chic e Lana del Rey
Ve lo ricordate Francesco Anchisi? Gli appassionati di basket sicuramente sì. Ha giocato con la maglia di Varese per tre anni, dal 1982. Ruolo playmaker, di quelli estrosi, che all’occorrenza si buttano in mezzo alla difesa avversaria schierata e s’inventano qualcosa, un tiro ai limiti dell’impossibile, un assist a un lungo nei paraggi. Ma qui - rubrica semiseria e alternativa di costume - lo ricordiamo perché, in quegli anni biancorossi, era considerato un bello per eccellenza, un tipo affascinante, dalle ragazze e dalle donne varesine. Che cosa colpiva oltre all’aspetto? L’impeccabile stile casual. Jeans, maglietta o camicia bianca, camicia di jeans, scarpe da tennis (non da basket, non quelle che usava per giocare). Ho avuto occasione - io ero uno sbarbato, con qualche anno in meno di lui - di parlarci un paio di volte. Mi era parso simpatico, di un’ironia intelligente, non banale. Ha un figlio che è tra i fotomodelli più famosi al mondo. La genetica a volte funziona. Prendiamo in prestito allora Cecco Anchisi per parlare dell’eleganza informale, dei pregi del casual, del vestire (bene) smart . E sfatiamo subito un tabù, tiriamo giù un “muro di Berlino” della moda: chic non fa per forza rima con abito, camicia bianca e cravatta. L’eleganza dipende dalle circostanze e (stampatevelo sul passaporto, fateci un poster da cameretta) dalla disinvoltura soggettiva. Del tutto evidente che ad una riunione di un consiglio di amministrazione – grattacielo, ottavo piano – jeans, camicia di jeans semiaperta e Stan Smith ai piedi sono inadeguati e si rischia l’arrivo a sirene spiegate di un’ambulanza. Ma, ma: una festa, un party serale tra amici (mummie non invitate), un giretto per fare spese o la tappa al campo a vedere il figlio/la figlia che gioca a qualcosa, suggeriscono un look sportivo, informale, casual. Non ci si deve mai prendere troppo sul serio. Ovvio? Banale ricordarlo? Guardatevi intorno. Nell’era della massima fantasia, le divise – intese come modo di vestire sempre uguale – sono ancora considerate da molti di “buon gusto”. Conta l’età? Conta poco. Conta il fisico? Conta ma non per tutto il campionario universale di abiti e scarpe. Chiunque può essere casual. A suo modo. E vale il contrario: chiunque puà (dovrebbe) indossare ogni tanto anche un abito con cravatta. Per restare in ambito cestistico, fantastica è la frase che pronunciò uno dei più grandi allenatori e comunicatori di pallacanestro, Valerio Bianchini: «Non sopporto i giocatori che a fine partita, vinto o perso, hanno sempre la stessa faccia». Più o meno era così. Una lezione non solo di sport ma anche di saper vivere e sapersi proporre. Se in una precedente puntata di questa rubrica abbiamo elogiato la versatilità dell’uomo che sa essere scioltissimo in abito formale, oggi prendiamo la direzione opposta: evviva la spontaneità e la naturalezza del casual. L’Avvocato Agnelli in camicia di jeans o camicia bianca sportiva diceva tutto. Era musica. E a proposito, ecco una canzone a tema che vale come un canestro sul filo della sirena: Blue Jeans, voce di Lana Del Rey. Bello anche il video.
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