MAD IN EUROPE
Angela Demattè: io e la Madonna
La rassegna «Gocce» chiude con Angela Dematté, autrice e interprete di «Mad in Europe», il monologo che le è valso il prestigioso premio Scenario 2015 per la «maturità di scrittura scenica sostenuta dall’invenzione di un personaggio alla deriva e dalla ricerca di una lingua capace di raccontarlo». Sono molti i temi affrontati: la crisi dell’utopia europea, la maternità come esigenza profonda, la ricerca delle proprie radici. A proposito: lei è di Trento, anche se a Varese ha messo su famiglia con Andrea Chiodi.
Angela Dematté, la sua «Mad in Europe» sembra un’opera difficile: ce la spiega?
«Non è così complicato: io sono una donna che racconta la storia di un’altra donna, Mad, che ha deciso di imparare le lingue principali dell’Europa, inglese, francese, spagnolo e tedesco, e di dimenticare la sua matrice, esprimendosi con un pasticcio linguistico. Mentre ricorda chi è, ricomincia a parlare con il suo dialetto (il trentino), che impasta con le altre lingue. Per questo mia sorella gemella ha dato il sottotitolo Uno spettacolo in lingua originale».
La sua «trentinità», il suo legame alle origini, caratterizza molti suoi spettacoli.
«Non sono una fanatica del dialetto, però quella è la mia origine e non sono riuscita a non usarlo. Noi trentini ce ne vergogniamo, non succederebbe mai a un napoletano o un veneto. Indagherò».
Mad può signifare madre, ma anche matto, o una sintesi di Angela Demattè: chi è Mad?
«Mad anche come Madonna, perché credo che l’Europa di oggi debba riscoprire la sua matrice/eredità giudaico-cristiana, che sembra un tabù di cui vergognarsi, come fa Mad del suo dialetto. Si nasce sempre da qualche parte e bisogna accettarlo. Non so - me lo chiedo a cosa possa portare la liquidità dell’identità che caratterizza questo post-moderno indefinibile».
In tutta questa confusione, la maternità.
«Mentre scrivevo Mad sono rimasta incinta del mio secondo figlio, i 20 minuti di spettacolo per il premio Scenario li ho fatti che era nato da un mese, me lo teneva la costumista. Questo ha cambiato tutto: ero partita dalla mia rabbia verso l’Europa che censura la madre per eccellenza, la Madonna. La maternità che Mad non vuole, ma alla fine accetta, le fa riscoprire le sue radici, perché la lingua è la prima cosa che insegniamo ai nostri figli e da quella non si scappa. Allora ho voluto dare un messaggio di speranza: un essere che nasce fa rinascere la parola come senso della vita, cuce il dialetto alla lingua. Mad lo impara, succederà anche all’Europa di cui è simbolo?».
Giovedì 12 maggio al teatro Nuovo di Varese, via dei Mille 39, ore 21, 15/10 euro, 0332.237325.
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