CUORE
Angioplastica: salvi ogni anno in 33mila
Sono oltre 33mila le vite salvate ogni anno dall’angioplastica, l’intervento cui qualche settimana fa è stato sottoposto anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. L’intervento, spiegano i dati della Società italiana di cardiologia interventistica, salva il 70 per cento degli infartuati e si esegue in 272 laboratori di emodinamica distribuiti tra le strutture cardiologiche sul territorio, di cui 188 attivi 24 ore su 24.
«L’angioplastica è la dilatazione attraverso un palloncino di una arteria che improvvisamente ha un’ostruzione totale o parziale e che può essere legata alla formazione di un trombo - spiega Michele Gulizia, presidente dell’Anmco, l’Associazione dei cardiologi ospedalieri -. In questo caso sappiamo che l’intervento ha riguardato dei vasi periferici, che possono essere cardiaci o degli arti, superiori o inferiori. A provocarla può essere stato uno stato di iperaggregazione, cioè una maggiore tendenza del sangue a coagulare, che può manifestarsi perché il soggetto è stressato, beve poco, o ha fattori genetici che predispongono a questo fenomeno. Non dimentichiamo che sta imperversando l’influenza, la malattia infiammatoria per eccellenza, e le malattie infiammatorie possono destabilizzare patologie cardiache o che riguardano le arterie facendo precipitare la coagulazione e favorendo eventi come questo». L’intervento di angioplastica, effettuato per la prima volta nel 1976, dura circa un’ora e viene effettuato in anestesia locale. In alcuni casi viene alla fine inserita una rete metallica, chiamata stent, che ha il compito di mantenere le pareti allargate e che in molti casi è medicata, contiene cioè un farmaco antiocoagulante che viene rilasciato a poco a poco.
Prima di intervenire solitamente si procede con una coronarografia, una procedura in cui si cerca con una sonda il punto esatto in cui bisogna intervenire. Qualsiasi vaso può essere sottoposto ad angioplastica, ma le sedi più comuni sono le arterie coronarie, le arterie degli arti inferiori, le arterie renali e le carotidi. «L’angioplastica - conferma Gulizia - si fa da svegli, l’anestesia è locale e si fa su una arteria del braccio o della gamba. Una volta effettuato l’intervento, al paziente viene dato un farmaco antiaggregante che tende a mantenere fluida la circolazione. Generalmente dopo una angioplastica dopo 48 ore si può tornare al lavoro».
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