LA GUERRA
Attacco choc al "principe" Farioli
Il revisore Salvioni si scaglia contro il sindaco "E la sua corte". La dura replica strappa l'ovazione: "Noi eletti dal popolo"
«In questo Comune pieno di criticità, in cui in molti uffici l’attività più consistente è l’attesa che arrivi il domani, mi metto a disposizione perché una nuova primavera possa arrivare, dato che Busto ne ha fortemente bisogno». L’affondo più duro, lacerante, inatteso e contestato alla giunta (e più in generale alla macchina municipale), nella notte del bilancio, non arriva dall’opposizione. A scagliarsi contro Gigi Farioli «e la corte schierata attorno al principe», contro «le facili promesse non mantenute» e i danni creati da «una politica che in questi luoghi incontra criticità rilevanti», è Carlo Salvioni, uno dei tre componenti del collegio dei revisori dei conti. Il quale in consiglio comunale prende la parola (non a nome dei colleghi, che anzi si sono dissociati) per un intervento choc.
Salvioni, da diversi mesi assegnato a Palazzo Gilardoni, sveste i panni tecnici per lanciare un segnale politico dilaniante. Si capisce subito l’aria che tira quando racconta come lui, monzese, abbia scoperto «una città bella, ricca, pulita ed accogliente, ma questi aspetti non si conciliano con altri perché la politica, quella che a me è stata insegnata come servizio e una delle più alte forme di carità cristiana, incontra problemi particolari». Verifiche varie gli hanno messo sotto gli occhi nodi gravissimi. Spesso avrebbe trovato un muro invalicabile.
Frase dopo frase, il silenzio attorno a lui si trasforma in contestazione. Che però non lo ferma. Così il revisore racconta delle difficoltà incontrate nelle ispezioni, perché in troppi «ostacolano non rispondendo al telefono e alle mail, lasciando in attesa, creando inutile ostruzionismo». Di più: «Figure apicali intervengono con dinieghi assurdi o insulti impropri. Tematiche vitali sui contenziosi pregressi non possono non chiedere la massima attenzione» e di riflettere «sulla volontà vera e trasparente di questa amministrazione di perseguire e fare giustizia, senza correre il rischio che sia la prescrizione ad avere la meglio, soluzione che forse qualcuno caldeggia o si augura». Il professionista paventa «danni erariali», stimola a riformare la macchina, a «premiare e incentivare il merito».
Nella lista delle lagnanze la «promessa non mantenuta» rispetto al compenso del collegio. Perché 6mila euro l’anno sono «ridicoli per le responsabilità alte e importanti». Così se la prende con Farioli, che lo osserva sconcertato. C’è chi lo interrompe ma lui non molla, così denuncia la «debolezza del principe-attore», ricorda di essere stato «rallentato e intimorito», ma senza successo. L’ultima stoccata è quella che fa imbufalire il sindaco: «Il prossimo anno c’è un appuntamento importante e io mi metto a disposizione di tutto il consiglio perché certe tematiche e l’utilizzo di certi fondi – guardate al car sharing o al capannone in centro - significano non aver messo la famiglia al centro di questo agire».
I consiglieri di Lega e Fi lo rimbrottano sprezzanti, quelli d’opposizione osservano fra l’attonito e il sarcastico. Farioli tira un respiro e parte con venti minuti di discorso magistrale. Illustra il senso del suo bilancio, riflette sulla «vita che è come il tram, quando ci si siede vuol dire che si è al capolinea. Ma io sto in piedi e combatto». Semmai «c’è chi, nominato per sorteggio, intende raccontare i valori di vera politica a chi è stato scelto dal popolo». Dai banchi di governo, all’urlo «Capitano mio capitano» lanciato da Max Rogora, si alzano tutti in piedi per la standing ovation. Il primo cittadino sanguina dal labbro morsicato nervosamente. Ma Salvioni (che dal Comune è stato anche denunciato pochi giorni fa per la controversa vicenda di un verbale strappato) non molla: «Di certo non mi fermo qui».
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