IL CASO
Azienda svizzera assume solo frontalieri
Tra i requisiti richiesti la residenza oltreconfine: e scoppia la polemica
Il requisito essenziale per poter essere chiamati a un colloquio di lavoro? La competenza, l’inglese perfetto, l’esperienza nel settore? No: essere domiciliato in una delle seguenti province: Varese, Como, Lecco o Sondrio. E’ bufera in Canton Ticino attorno a un annuncio di lavoro in cui un’azienda sta cercando una figura professionale italiana, magari frontaliera. Vale a dire qualcuno che, probabilmente, per quell’incarico potrebbe accettare un salario più basso rispetto a uno svizzero e a un ticinese.
L’annuncio di lavoro è stato pubblicato in questi giorni su alcuni portali del settore e parte così: «Sono alla ricerca di un giovane tecnico commerciale con laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche ed esperienza nel settore nutraceutico e cosmetico motivato a intraprendere un percorso da sales manager per una realtà distributiva svizzera in forte espansione che garantisce concrete possibilità di carriera». Poi si descrivono le mansioni da svolgere, le opportunità lavorative che si potrebbero aprire, la retribuzione in franchi.
Poi arriva la sorpresa. Fra i requisiti essenziali per poter essere chiamati al colloquio ci sono: l’inglese di livello avanzato, la laurea in chimica o tecnologie farmaceutiche e l’esperienza da tecnico commerciale consolidata nel settore principi attivi per cosmetica e nutraceutica. Tutto qui? No. Per sperare di firmare il contratto è fondamentale anche avere il «domicilio in una delle seguenti province italiane: Varese, Sondrio, Como, Lecco». Aggiungendo: «L’azienda tra l’altro assume con un contratto svizzero, questo significa che la retribuzione sarà in franchi e beneficerà direttamente di sgravi fiscali importanti che si tradurranno automaticamente in maggiore liquidità, dandoti la possibilità di toglierti qualche sfizio in più».
Insomma, un annuncio scritto proprio su misura per i frontalieri.
Apriti cielo. In Svizzera è scoppiata la polemica per un annuncio che esclude i domiciliati svizzeri da un posto di lavoro svizzero proprio di un settore, il terziario, dov’è sempre maggiore la presenza tricolore. E d’altronde, quale sarebbe la reazione di un italiano disoccupato se leggesse su un annuncio di lavoro: «si accettano candidature solo da russi, statunitensi, marocchini o senegalesi?»
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