DOPO PARIGI
Bambini, niente paura
Le risposte giuste alle domande dei nostri figli
Siamo in guerra? Ora l’Isis arriva anche in Italia? Possiamo uscire o è meglio stare in casa? I tragici fatti di Parigi hanno inevitabilmente sconvolto bambini e ragazzi, che hanno cercato conforto nelle risposte dei genitori e in quelle degli insegnanti.
Ma avremo dato le risposte giuste, quelle che proteggono e valorizzano l’umanità di ciascuno? «Noi adulti - dice la psicologa Silvia Vegetti Finzi - dobbiamo prima di tutto salvaguardare fiducia e speranza cominciando a calmare le nostre paure. Quello che sentiamo, le nostre emozioni, hanno una risonanza nei ragazzini: quello che proviamo, magari anche tacendo, loro lo sentono. Mostriamoci sereni, diciamo a noi stessi che alla fine il bene vincerà sempre e che nel nostro passato abbiamo superato due guerre mondiali. È accaduto anche a me, che sono scampata all’Olocausto».
La psicologa dà alcuni consigli. «Bisogna rispondere con semplicità, senza troppi ragionamenti geopolitici o finta indifferenza, spiegare che, anche se certi termini vengono ascoltati in tivù o letti sul tablet, non siamo in guerra. Ci possono essere attacchi di gruppi di fanatici che odiano, ma i leader si sono riuniti per trovare soluzioni che li mettano nell’impossibilità di compiere altri attentati. Una seconda cosa importante è prendere un atlante aggiornato e mostrare dove stanno combattendo, dov’è il Califfato: dare una dimensione geografica di lontananza può calmare. E alla domanda più difficile, quella sui bombardamenti francesi in Siria, dove vivono persone perbene come noi, bisogna rispondere che sì, i bambini sono tutti e sempre innocenti, ma che nessuno ha chiesto il loro parere, altrimenti avrebbero risposto che vogliono la pace. Diciamo ai nostri bambini che loro stessi devono essere, anzi sono, l’esempio della convivenza. La scuola, con i compagni che arrivano da tante parti del mondo, è la testimonianza di come si possa vivere insieme nella diversità di cultura. Bisogna conoscersi e parlarsi, queste sono le nostre risposte alla barbarie».
Per bambini intorno ai 10 anni è poi fondamentale sentirsi protetti, anche concretamente, quindi non dimenticate di abbracciarli tanto. E poi uscite, continuate con la vostra vita. Chiudersi in casa, aver paura degli altri, serve solo a terrorizzarsi ancora di più. «E alla loro domanda se ci potranno essere attacchi anche in Italia, non negate quello che è un timore di tutti, ma spiegate che la vita è sempre un rischio, ma spetta a tutti salvaguardare un futuro di speranza, un futuro desiderabile».
A spiegare come affrontare con i propri figli gli attentati avvenuti a Parigi e in che misura esporli alle drammatiche immagini che arrivano dal mondo su teleschermi e giornali, è anche Antonella Costantino, presidente della Società di neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza (Sinpia). Il primo consiglio è non fare finta di nulla. «I bambini capiscono più di quanto pensiamo e sentono le emozioni e la paura nell’aria. Vanno quindi accompagnati nella comprensione con la parola, per elaborare l’angoscia», ma ancora prima con l’ascolto, per «trovare il modo per partire da loro: ascoltiamo cosa si immaginano, cosa sentono». Ogni spiegazione va approfondita in base all’età, ma in generale è importante «rassicurare senza fingere che vada tutto bene». Il messaggio che li aiuta, sottolinea l’esperta, «non è un falso: è tutto sotto controllo. Meglio dire che si sta facendo tutto il possibile per diminuire il rischio». E poi: «Inutile cambiare canale nel bel mezzo di un servizio perché avrebbe l’effetto opposto, ma non esponeteli eccessivamente a immagini cruente. Nel loro immaginario le paure possono prendere dimensioni incontrollabili, trasformandosi in pensieri ossessivi e incubi notturni». Infine - e questo vale soprattutto per gli adulti - «non cadete nella trappola dei buoni tutti di qua e dei cattivi tutti di là e attenti alla generalizzazioni, che sono sempre sbagliate». Il rischio «è che arrivi il messaggio che lo straniero o il diverso sono comunque pericolosi, creando immotivate fobie nei confronti delle persone». (Lombardia Oggi)
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