PROCESSI
Binda e Piccolomo, udienza per due
”Cold case” in parallelo: in Corte d’assise il delitto Macchi, la morte di Marisa Maldera davanti al gup
S’incrociano i calendari della Corte d’Assise e dell’ufficio del Gup, e così quello di oggi, venerdì 15, in tribunale, diventa il giorno dei “cold case”. Nella stessa giornata è in programma infatti la seconda udienza di fine estate di un processo per un delitto, certo, del 1987. E l’udienza preliminare per un delitto, incerto, del 2003, che fino ad oggi è stato considerato un incidente. Il primo è chiaramente il processo davanti alla Corte d’Assise per la morte di Lidia Macchi, per la quale è imputato il cinquantenne di Brebbia Stefano Binda. Mentre la seconda è l’udienza preliminare per la morte di Marisa Maldera, che secondo la Procura generale di Milano sarebbe avvenuta nel rogo di un’auto, nel febbraio di 14 anni fa, per mano del marito della donna, Giuseppe Piccolomo, detto Pippo, oggi sessantaseienne, già condannato all’ergastolo per il “delitto delle mani mozzate” del 5 novembre 2009: l’omicidio della pensionata di Cocquio Trevisago Carla Molinari.
In Corte d’Assise
Oggi, per quanto riguarda il processo a carico di Binda, la pubblica accusa, rappresentata in aula bunker dal sostituto procuratore generale Gemma Gualdi, chiamerà a deporre quattro testimoni, compresa la psicoterapeuta Vera Slepoj, che è stata già sentita la scorsa udienza - sua una valutazione psicologica della lettera anonima “In morte di un’amica” - e che sarà controinterrogata dai difensori dell’imputato, gli avvocati Patrizia Esposito e Sergio Martelli. Mentre per quanto riguarda gli altri tre testi, quello più interessante è il professor Vincenzo Pascali, direttore dell’Istituto di medicina legale dell’Università Cattolica di Roma, che subito dopo il delitto dell’87 partecipò al tentativo di estrazione del DNA dal liquido seminale dell’assassino (reperto poi distrutto nel 2000) con invio del materiale organico recuperato sul corpo della vittima al laboratorio di Abingdon, in Inghilterra. Tentativo che fallì perché all’epoca i tecnici inglesi non riuscirono a ricostruire alcun DNA a partire da reperti scarsi per quantità e qualità. Altri due testi di giornata, infine, il sacerdote che indirizzò Binda, negli anni Novanta, in una comunità di recupero per tossicodipendenti in provincia di Brescia e una bibliotecaria che lavorava nella struttura comunale di Varese in via Sacco.
La morte di Marisa
Dopo il rinvio di maggio per una mancata notifica, l’udienza preliminare per omicidio volontario davanti al gup Anna Giorgetti dovrebbe iniziare davvero. E la questione principale sarà quella del “ne bis in idem”: “scoglio” giuridico superabile secondo la Procura generale di Milano, che ha avocato anche queste indagini bis della Procura varesina, ma non per la difesa di Piccolomo. Si tratta di quel principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto, e il problema consiste in questo: Piccolomo nel 2005 ha già patteggiato un anno e quattro mesi di carcere per omicidio colposo, con la morte della moglie ricondotta alle conseguenze di un incidente stradale.
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