Scienza
Biologia smentisce Rousseau: violenza omicida inscritta in geni umani
Studio su violenza in animali e uomini: in linea con altri primati
Roma, 28 set. (askanews) - E' la natura a rendere l'uomo capace di uccidere un altro uomo o è l'ambiente? E' una domanda-chiave che ha occupato la mente di filosofi, sociologi, antropologi e psicologi per secoli. Thomas Hobbes, il pensatore inglese del XVII secolo, e Jean-Jacques Rousseau, il filosofo francese di un secolo dopo, si sono scornati su questo argomento: il primo convinto che l'uomo sia violento in maniera innata, il secondo invece che sia l'ambiente a influenzarlo. E lo stesso schema è presente nell'altra grande tradizione filosofica mondiale, quella confuciana cinese, che ha approfondito duemila anni prima di Hobbes e Rousseau la questione della natura umana. Per Mencio, come per Rousseau, l'uomo nasce buono per poi essere traviato, mentre per Xunzi (l'altro grande allievo di Confucio) la natura umana è intrinsecamente cattiva. Ora la scienza, però, sembra poter dare una risposta: una ricerca oggi sostiene che la violenza letale appare "profondamente radicata" nel nostro Dna.
Un team di scienziati ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Nature nel quale prova ad affrontare la questione da un altro punto di vista, quello della biologia evoluzionistica. Oggi ha concluso che la natura violenta è stata ereditata dai nostri antenati più antichi e condivisa con altri primati. E', anzi, "profondamente radicata" nelle scimmie e nell'Homo Sapiens. "Un certo livello di violenza letale negli umani deriva dall'occupazione di una certa posizione in una discendenza particolarmente violenta del clado dei mammiferi", spiega lo studio. Il clado è un termine della biologia per indicare un gruppo di organismi che discende da un comune antenato evolutivo.
I ricercatori spagnoli hanno raccolto dati da oltre 4 milioni di morti in 1.024 specie mammifere di oggi e da più di 600 popolazioni umane dall'età della pietra - 50-100mila anni fa - fino ai tempi odierni. Gli animali analizzati rappresentano qualcosa come l'80 per cento delle famiglie di mammiferi.
E' la natura a rendere l'uomo capace di uccidere un altro uomo o è l'ambiente? E' una domanda-chiave che ha occupato la mente di filosofi, sociologi, antropologi e psicologi per secoli. Thomas Hobbes, il pensatore inglese del XVII secolo, e Jean-Jacques Rousseau, il filosofo francese di un secolo dopo, si sono scornati su questo argomento: il primo convinto che l'uomo sia violento in maniera innata, il secondo invece che sia l'ambiente a influenzarlo. E lo stesso schema è presente nell'altra grande tradizione filosofica mondiale, quella confuciana cinese, che ha approfondito duemila anni prima di Hobbes e Rousseau la questione della natura umana. Per Mencio, come per Rousseau, l'uomo nasce buono per poi essere traviato, mentre per Xunzi (l'altro grande allievo di Confucio) la natura umana è intrinsecamente cattiva. Ora la scienza, però, sembra poter dare una risposta: una ricerca oggi sostiene che la violenza letale appare "profondamente radicata" nel nostro Dna.
Un team di scienziati ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Nature nel quale prova ad affrontare la questione da un altro punto di vista, quello della biologia evoluzionistica. Oggi ha concluso che la natura violenta è stata ereditata dai nostri antenati più antichi e condivisa con altri primati. E', anzi, "profondamente radicata" nelle scimmie e nell'Homo Sapiens. "Un certo livello di violenza letale negli umani deriva dall'occupazione di una certa posizione in una discendenza particolarmente violenta del clado dei mammiferi", spiega lo studio. Il clado è un termine della biologia per indicare un gruppo di organismi che discende da un comune antenato evolutivo.
I ricercatori spagnoli hanno raccolto dati da oltre 4 milioni di morti in 1.024 specie mammifere di oggi e da più di 600 popolazioni umane dall'età della pietra - 50-100mila anni fa - fino ai tempi odierni. Gli animali analizzati rappresentano qualcosa come l'80 per cento delle famiglie di mammiferi.
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