PINACOTECA
Brera rinnovata intorno a Mantegna
All’inizio dell’Ottocento, il pittore e scrittore originario di Busto, Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, scriveva una lettera accorata ad Antonio Canova in cui chiedeva «la grazia di farmi avere il mio desiderato Mantegna. Fallo portare in una cassetta senza toglierlo dal telaro». Dalla prestigiosa collezione di Bossi «Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti» passò grazie agli eredi all’Accademia di Brera, ed è oggi uno dei simboli della Pinacoteca, il dipinto più amato dai visitatori secondo un sondaggio.
Ed è anche il protagonista del secondo dialogo ideato dal direttore James Bradburne, dopo quello che ha visto fianco a fianco lo «Sposalizio della Vergine» di Raffaello e la versione del suo maestro Perugino, tornata al Musée des Beaux-Arts di Caen.
Ora la tela dipinta da Andrea Mantegna tra il 1470 e il 1474 è affiancata da «Cristo morto e strumenti della Passione» (1585) di Annibale Carracci (dalla Staatsgalerie Stuttgart di Stoccarda) e dal «Compianto sul Cristo morto» (1615) di Orazio Borgianni (dalla Galleria Spada di Roma).
Due capolavori che rivelano quanto l’invenzione geniale di Mantegna - lo scorcio accelerato che mette quasi a disagio nella percezione dello schiacciamento del corpo di Cristo e il primo piano delle piante dei piedi sporche e piagate - abbia colpito profondamente gli artisti che operarono oltre un secolo dopo. Se il bolognese Carracci acuisce lo scorcio di lato del corpo di Cristo, il caravaggesco Borgianni esalta le emozioni attraverso i gesti e i volti.
Il dialogo inaugura anche il nuovo allestimento delle prime sale della Pinacoteca, che si completerà nel 2018. Didascalie raccontate e coinvolgenti, pareti amaranto nelle prime sale, ove risaltano i fondi oro della pittura antica, blu elettrico in quelle della scuola veneta del Rinascimento. In questa sezione Bradburne ha reintegrato anche il «Cristo morto» di Mantegna, togliendolo dall’allestimento da Ermanno Olmi, che nel 2013 aveva scelto di isolare il dipinto nella penombra di una cripta ideale.
Ora la tela si trova al centro del cannocchiale visivo del lungo corridoio, sotto lo storico lucernario ideato da Vittorio Gregotti negli anni Ottanta.
Una volta terminato il dialogo (anche per questa occasione Skira ha pubblicato un’agile guida) sarà in rapporto diretto con gli altri protagonisti della scuola veneta, in un gioco di rimandi con il cognato Giovanni Bellini, che dapprima si lasciò sedurre si lasciò sedurre dallo stile rigoroso del Polittico di San Luca del giovane Mantegna per poi imboccare la strada del tonalismo e della luce.
«Secondo dialogo. Attorno a Mantegna» - Milano, Pinacoteca di Brera, via Brera 28, fino al 25 settembre da martedì a domenica ore 8.30-19.15, giovedì fino alle 22.15, 10/7 euro, ingresso gratuito ogni prima domenica del mese, 02.72263264/229 www.pinacotecabrera.org.
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