L’INCHIESTA
Broker truffatori: «Processateli»
La richiesta del pm in udienza preliminare. Portati via sei milioni a decine di risparmiatori
Il pubblico ministero Annalisa Palomba ha chiesto il rinvio a giudizio di sei persone: i due presunti organizzatori della grande truffa da sei milioni di euro, le rispettive ex mogli e altri due soggetti.
Mentre altri due imputati hanno deciso di patteggiare e per quanto riguarda una nona posizione, questa è stata stralciata e gli atti sono tornati in Procura.
È quello che è successo ieri, mercoledì 4 ottobre, nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Vito Piglionica relativa alla vicenda che vede nei panni dei protagonisti un promotore finanziario di 51 anni, G. M., residente a Besano, e il suo presunto complice, un altro broker che si chiama R. C., ha 52 anni ed è residente a Varese (nome noto alle cronache perché nell’aprile di nove anni fa fu vittima di un sequestro lampo: prelevato sotto casa al mattino da due finti carabinieri, fu liberato in serata).
A M. e a C., e alle due rispettive ex mogli, che però, curiosamente, continuano a vivere con loro, la Procura di Varese contesta l’associazione per delinquere. E più precisamente di aver sfruttato il lavoro di promotore finanziario di M. e i suoi rapporti di fiducia con i clienti di Banca Leonardo e Banca Santander, nonché le conoscenze in campo finanziario e bancario di C., «per compiere una serie indeterminata di delitti, per i reati fine di truffa, falso, appropriazione indebita, abusivo riempimento di fogli in bianco ed esercizio abusivo di attività finanziaria», allo scopo «di distrarre illecitamente ai clienti correntisti» la bellezza di sei milioni di euro.
L’udienza preliminare vede dunque la Procura contestare ai quattro presunti capifila e ai loro presunti complici, a vario titolo, 44 capi d’imputazione, mentre le parti civili costituite sono più di venti: ieri i legali dei truffati hanno aderito alla richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, mentre i difensori diranno la loro nel corso di due udienze già fissate per il mese di novembre, l’8 e il 22.
Nel procedimento sono coinvolte anche le due banche, che sono sia parti civili, perché ritengono di essere state danneggiate dalle spregiudicate operazioni degli imputati, sia chiamate a rispondere civilmente dei danni provocati dalla presunta maxitruffa.
Per alcuni dei legali dei truffati, e in particolare per l’avvocato Fabrizio Busignani, sarebbe stato però più giusto mettere anche gli istituti di credito sul banco degli imputati, e questo perché non avrebbero rispettato gli obblighi antiriciclaggio, ovvero avrebbero ignorato specifiche disposizioni per prevenire e identificare fenomeni di riciclaggio secondo quanto previsto dal Decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007.
Ieri l’avvocato Busignani l’ha detto in aula e all’«appunto» il pubblico ministero ha risposto spiegando di non aver ravvisato dolo da parte degli istituti di credito e precisando che non sempre i movimenti di denaro effettuati dagli imputati passavano davvero per le banche, anche se i broker raccontavano ai risparmiatori il contrario.
Certo è però che il coinvolgimento delle banche nel procedimento, nell’ottica di una loro responsabilità penale e amministrativa, avrebbe fatto sperare le parti civili in un qualche risarcimento, che invece è un po’ difficile attendersi dagli imputati (basti dire che M. ha presentato un’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, che è l’istituto giuridico che garantisce il diritto alla difesa a spese dello Stato all’imputato non abbiente).
La vicenda emerse nell’aprile del 2016 (ma le attività illecite sarebbero andate avanti dal 2008), al termine di una lunga indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Varese e coordinata dal pm Palomba: M., che aveva un tenore di vita molto alto, secondo l’accusa avrebbe truffato decine di clienti, alcuni dei quali amici di famiglia con la falsa promessa di futuri investimenti dai guadagni sicuri.
In sostanza, sempre in base a quanto gli viene contestato, il professionista riusciva a farsi affidare grosse somme di denaro che poi finivano in parte sui suoi conti correnti personali e in parte erano utilizzate per coprire i buchi lasciati negli investimenti di altri ignari clienti.
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