IL CASO
Busto può guarire Valentina
I tempi del ct Bonitta che ha comunicato via sms l’esclusione di Diouf da Rio 2016. La nuova Uyba miglior medicina
Se Alessia Gennari fosse nello stato di forma psicofisica dei playoff 2015, quando trascinò Casalmaggiore allo scudetto, Diouf o non Diouf ora non ci sarebbero dubbi. La scelta di Bonitta (sul modo di comunicarla torniamo più avanti) sarebbe sacrosanta. Ma Gennari non è in quello stato: dopo l’operazione ha svolto 4 allenamenti, non ha mai saltato e i dubbi ci sono. Se Ilaria Spiritonon si fosse infortunata al ginocchio, sull’aereo per Rio ci sarebbe stata la ligure.
Conclusione: nella prima lista delle 12 Valentina Diouf c’era probabilmente non per convinzione dello staff tecnico ma perché c’era un posto da riempire. Il perché è presto detto: a fronte delle ben note potenzialità, l’opposta dell’Unendo Yamamay non è considerata una giocatrice decisiva a livello internazionale. E poco ha fatto nell’estate della Nazionale per far cambiare idea al commissario tecnico.
Dal clan azzurro trapela che nel ballottaggio con Centoni abbia prevalso la maggior capacità della 35enne in forza al Galatasaray di fare da collante all’interno dello spogliatoio: legittima, se così fosse, anche questa scelta da parte di Bonitta. Perché si gira sempre attorno alla qualità di Diouf: fosse un’opposta capace di tenersi costantemente in doppia cifra, come le top mondiali nel ruolo, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di metterla in discussione. Men che meno di escluderla. Invece questa Italia in partenza per Rio con un tecnico in scadenza è una squadra non più votata alla crescita: Bonitta vuol entrare di nuovo nella storia dopo quella scritta col Mondiale del 2002 e fa di tutto per cercare d’essere il tecnico della prima medaglia olimpica al femminile. I 23 anni e i 2 metri di Valentina poco gli interessano se non fruttano una messe di punti.
Che le abbia comunicato l’esclusione tramite messaggio conta: era necessaria più delicatezza nel momento in cui si spezzava un sogno. Ma va pure aggiunto che il messaggio incriminato si concludeva così: «...mi puoi chiamare in qualsiasi momento, sono a disposizione. Un abbraccio».
Ora sta a Diouf metabolizzare la delusione e, dopo l’abbuffata di interviste, di accuse social e non finite sulla testa del c.t., far parlare il campo.
A Busto ci saranno tecnico, squadra e ambiente in grado di agevolarla nel percorso che deve portarla ad essere un punto di forza, un elemento ineludibile della Nazionale del prossimo quadriennio. Non perché è un’icona, ma perché sarà diventata la più forte sul taraflex. Dimenticare la sbornia del Mondiale 2014 quando, parole sue domenica alla Gazzetta, «alla fine sembravo Dio», a nostro avviso è il punto di partenza. Perché Valentina è uscita da quel Mondiale mediaticamente da protagonista ma storicamente non lo fu: non era la titolare perché Bonitta partiva con Centoni ed era spesso utilizzata come doppio cambio. E la sua super prestazione col Brasile valse comunque una sconfitta.
Quel quarto posto fatto brillare come una medaglia ha tradito molti. «È la nuova Togut», così Alberto Moscato ce la descrisse, predestinata ad essere la giocatrice in grado di portare l’Italia al vertice mondiale, quando aveva appena 14 anni.
Mencarelli, che l’ha portata già una volta in cima al mondo, può ora pilotarla in alto. Ma tocca a lei, ora, far parlare il campo.
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