GLI INCIVILI
Cane legato col fil di ferro
È l’estate degli abbandoni: diversi casi in pochi giorni al centro di via Canale
L’immagine simbolo del Ferragosto nero al canile municipale (e all’adiacente rifugio Elia, che è una sorta di struttura bis per accogliere i quattro zampe) è quella del piccolo meticcio trovato legato a una rete, proprio la mattina della festa dell’Assunta, lungo la strada che porta al centro di accoglienza per animali.
Di lui, che sicuramente da parecchie ore aspettava l’arrivo di qualcuno (ritrovandosi senza acqua né cibo a disposizione, oltretutto impossibilitato a spostarsi) si è accorta la prima volontaria che stava raggiungendo gli altri 130 ospiti del canile per accudirli nel giorno di ferie per eccellenza.
Lo ha trovato stanco, assetato, ma soprattutto terrorizzato dopo essere stato buttato via dal padrone come un ferro vecchio.
Che poi il piccolo vecchio non è, avendo circa un anno di vita, ma ormai la sua presenza era indesiderata in casa e si è scelto il modo più veloce, sommario e pericoloso possibile per affidarne ad altri la responsabilità.
Così alla volontaria di Apar non è rimasto altro che slegarlo dalla morsa che lo teneva affrancato alla rete di cinta, sfamarlo e avviare le pratiche per svolgere tutti gli accertamenti sanitari (che di rito si svolgono nella struttura gemella di Gallarate) propedeutici alla definitiva presa in custodia in attesa di trovargli un nuovo proprietario.
Ma il periodo terribile sul fronte degli abbandoni a Busto, era già cominciato qualche giorno prima, quando una delle responsabili del centro era stata raggiunta sul cellulare (numero facilmente rintracciabile sui volantini dell’associazione) da una chiamata da utente anonimo che avvisava di un cane che si aggirava davanti al canile.
Erano le 22 passate e la volontaria è partita di corsa alla volta di via Canale. Giunta sul posto ha capito che la telefonata non diceva proprio il vero. Il Fido in effetti c’era, ma non libero per i campi della zona, bensì rinchiuso dentro un trasportino proprio davanti alla porta del rifugio Elia.
Insomma, un altro amico rinnegato e allontanato, sottoponendolo a uno stress che lo ha reso particolarmente aggressivo e quindi di neppure semplice gestione.
Anche per lui, comunque, le porte dell’Apar si sono aperte, «anche se in questo periodo - chiarisce Anna Gagliardi, una delle coordinatrici - ci troviamo con gli spazi strapieni, con moltissimi volontari in ferie e anche con le risorse contate. Certo piuttosto non mangiamo noi pur di sfamare i 130 cani e i 150 gatti che seguiamo nelle colonie sparpagliate per la città. Però ci troviamo in un momento di grande difficoltà, perché oltre al tempo da dedicare ci sono anche costi per il cibo e per le cure veterinarie che si fanno sentire».
Articolo sulla Prealpina di giovedì 17 agosto.
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