L’INCHIESTA
Caporalato e usura: indagine sui frontalieri
Polizia cantonale sulle tracce di agenzie di collocamento e di una società attiva nei cantieri delle ferrovie svizzere
Ipotesi di caporalato e d’usura nell’assunzione degli operai frontalieri che lavorano in alcuni cantieri ferroviari svizzeri. Su questo stanno lavorando il ministero pubblico e la polizia cantonale Mercoledì 8 novembre era scattata l’operazione di polizia con l’obiettivo di verificare le condizioni di impiego di alcuni operai in attività in due cantieri ferroviari, a Bellinzona e Paradiso.
Gli interventi erano stati eseguiti in collaborazione con la polizia cantonale del Canton Grigioni, con l’Ufficio dell’Ispettorato del lavoro e la Commissione paritetica cantonale. Furono effettuate anche verifiche in alcune imprese edili, fiduciarie e agenzie interinali dov‘e ’era stata sequestrata documentazione.
In particolare si trattava di contrattualistica relativa agli operai messi a disposizione delle imprese da parte di una ditta operativa nel Moesano e con sede principale in Italia.
A questo proposito, da mercoledì a oggi, venerdì 10 novembre, sono state interrogate diverse persone.
Durante l’operazione sono stati inoltre controllati 119 operai attivi sui due cantieri e - mercoledì stesso - non erano state riscontrate irregolarità amministrative. L’indagine - coordinata dal procuratore pubblico Paolo Bordoli - sono state raccolti molti documenti e informazioni utili per il proseguimento dell'inchiesta.
Non sono stati fatti arresti, ma gli inquirenti stanno vagliando la posizione di alcune persone, residenti in Italia e attive per la società con sede a Grono o comunque per il suo titolare, circa una possibile situazione di illegalità nell'ambito della retribuzione degli operai che hanno lavorato in Svizzera alle dipendenze della società per la stessa, ma tramite agenzie di collocamento.
In sostanza c’è il sospetto che gli operai abbiano ricevuto uno stipendio molto inferiore rispetto a quello dovuto secondo i contratti in vigore nel settore, sia attraverso la notifica da parte dei responsabili della società alle agenzie di collocamento di meno ore rispetto a quelle effettivamente svolte, sia attraverso la retrocessione dei salari ricevuti in Svizzera agli stessi responsabili.
L'ipotesi di reato principale è quella di usura. L'inchiesta - spiegano gli inquirenti elvetici - «è alle fasi iniziali e per garantirne il miglior esito al momento non verranno rilasciate ulteriori informazioni».
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