LA CRISI
Carapelli, tutti si mobilitano
Difesa del Made in Italy, ma anche dei posti di lavoro: si punta a coinvolgere Regione e governo
A una doccia fredda si reagisce subito, stringendo i denti. Così ha fatto l’Alto Milanese all’annuncio che la multinazionale spagnola Deoleo ha avviato una procedura di mobilità collettiva per un totale di 98 dipendenti sui 136 che oggi lavorano nello stabilimento Carapelli di Inveruno. Di punto in bianco, venerdì mattina nel corso di un incontro nella sua sede romana, la società ha spiegato di voler rispolverare il suo antico progetto che pareva accantonato, e che prevede due soli stabilimenti di produzione, uno in Italia e uno in Spagna. In Spagna il secondo stabilimento (quello più piccolo) è già stato venduto; in Italia il nuovo amministratore delegato Pierluigi Tosato ha scelto di salvare la storica sede di Tavernelle (Firenze), sacrificando la produzione di Inveruno e quindi i 98 che sono direttamente impegnati sulle linee di imbottigliamento.
Il sindaco Sara Bettinelli ha reagito immediatamente invitando il territorio alla mobilitazione generale: ricevuta la notizia si è subito data da fare e nella serata di venerdì aveva già annunciato la volontà di convocare un consiglio comunale straordinario. Nella stessa serata sono arrivate anche le note della portavoce del circolo Pd di Inveruno Nicoletta Saveri e del coordinatore Pd dell’Alto Milanese Enrico Cozzi.
Di fatto, la battaglia del territorio si combatte su tre fronti: tutela dell’occupazione, salvaguardia dello stabilimento e difesa del Made in Italy. «Come prima cosa - spiega il segretario generale della Camera del lavoro del Ticino Olona Jorge Torre - mercoledì convocheremo le assemblee per spiegare come stanno le cose. In questa fase l’azienda sta facendo un po’ di terrorismo, il primo passo sarà dare ai dipendenti un quadro preciso della situazione: spiegare cosa prevede la mobilità e come cambierà la normativa a partire dal primo di gennaio». «A differenza di altre crisi - ha poi aggiunto il sindacalista - questa volta gli esuberi non potranno comunque essere gestiti coi numeri. Inutile cercare tra i dipendenti persone eventualmente interessate ad aderire alla mobilità volontaria: qui Deoleo sta parlando di chiudere la produzione, scelta che tra stabilimento e indotto potrebbe costare al territorio tra i 200 e i 210 posti di lavoro. La strategia deve essere un’altra».
L’idea che il sindacato condivide con la politica è quella di rivolgersi direttamente a Regione Lombardia e ai Ministeri dello Sviluppo e dell’Agricultura, sottolineando l’importanza strategica che lo stabilimento ricopre per tutta l’area omogenea dell’Alto Milanese. «Stavolta non stiamo parlando di una fabbrica meccanica che non riesce a stare al passo con i tempi - chiarisce Torre -. Stiamo parlando di uno stabilimento modello del settore agroalimentare, cioè in uno dei settori che il Paese ha definito strategici per il suo futuro. Bisogna salvare la fabbrica e i posti di chi ci lavora. Ma dobbiamo aprire anche un ragionamento sull’olio di oliva Made in Italy, che nelle intenzioni di Deoleo dovrebbe essere prodotto in Spagna». Questa volta il territorio è intenzionato a muoversi compatto: anche se nei 75 giorni previsti dalla procedura non sarà facile riuscire a far cambiare idea all’azienda.
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