L’INTERVISTA
«Carcere sovraffollato»
Si contanto 425 presenze ma mancano poliziotti ed educatori
Ci risiamo. In via per Cassano i problemi di sovraffollamento tornano a farsi sentire, in modo drammatico. Nelle celle della casa circondariale si trovano ora 425 detenuti, ben oltre le soglie previste dalla legge.
Il direttore Orazio Sorrentini fa il punto sui nodi da sciogliere e sugli eventi che in questi giorni segnano tappe importanti nella vita della struttura.
Dopo la sentenza Torreggiani del 2013 c’è stato un momento di sollievo e adesso siamo da capo?
«Purtroppo il sovraffollamento è il problema di tutte le carceri italiane - risponde Sorrentini - Siamo tornati quasi ai livelli pre-sentenza, quando avevamo 430 /440 detenuti. Certo, la capienza è leggermente aumentata, siamo passati da quella regolamentare da 197 unità a 238. Però restiamo comunque ben oltre il limite di tollerabilità. Di fatto, in molte camere detentive abbiamo dovuto rimettere il famoso terzo letto che fece scattare le proteste».
Eppure ci sono state migliorie, in questi anni alcune sezioni hanno ottenuto i bagni e le docce nelle celle...
«Esatto. Ed è una cosa molto importante. Fra l’altro procedono bene i lavori di costruzione delle docce. Entro la fine dell’anno dovremmo avere sistemato tutte le camere dotandole di doccia interna».
Venerdì si celebra nel carcere bustese il bicentenario della fondazione del Corpo di polizia penitenziaria: anche per gli agenti i problemi abbondano?
«I poliziotti sono pochi, abbiamo un organico effettivo inferiore alle duecento unità. Non ce la fanno più e per giunta in prospettiva dovremo salutare molti pensionandi, tra fine anno e inizio 2018, tutti per raggiunti limiti di età. Il corpo è nato nel 1817, nell’intervento che terrò voglio ricordare la storia della polizia penitenziaria, sottolineando le difficoltà quotidiane legate alla carenza di risorse. Dobbiamo affrontare tanti guai. Non è semplice, anzi talvolta è impossibile attuare il dettato normativo. Se non hai gli strumenti, è davvero complicato».
In carcere contate anche sui volontari, sono una risorsa utile?
«Assolutamente sì, dobbiamo ringraziarli anche per l’organizzazione di questa festa. Non è un caso che si sia scelto di viverla all’interno della struttura, pensare di uscire avrebbe comportato costi eccessivi. Come anche a Varese, allontanarsi è impensabile».
Si è appena registrato un nuovo caso violento, con un poliziotto ferito da un carcerato. La tensione è legata al sovraffollamento?
«Questa è una ulteriore prova, purtroppo abbastanza drammatica, delle nostre difficoltà quotidiane. I problemi che si vengono a creare in un carcere non sono soltanto quelli dei detenuti, anche gli operatori possono averne. In particolar modo i poliziotti: a volte si tende a dimenticarlo, ma è una professione difficile, che comporta dei rischi. E ci sono persone che finiscono in carcere perché aggressive e violente».
Anche gli educatori scarseggiano?
«Ne abbiamo pochissimi. Inoltre è aumentato il numero di condannati per sentenza definitiva, quelli di cui gli educatori si occupano. Sono 210, anche se un una casa circondariale non ne dovremmo avere. E abbondano gli stranieri».
Nonostante tutto, ci sono segni positivi?
«Proprio il 5 ottobre, questa sera, alcuni detenuti recitano all’auditorium Giorgio Gaber, a Palazzo Pirelli di Milano. Tratto da La Giara e La patente di Luigi Pirandello, lo spettacolo “Una sera fuori di galera” affronta temi importanti per un percorso di recupero. Grazie a eventi come questo, guardiamo avanti con fiducia».
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