L'INTERVISTA
Chiara-De Gregori, amore fu
Il cantautore romano, che tra una settimana riceverà il premio "Le parole della musica", svela il suo amore per lo scrittore luinese e si confessa alla vigilia del suo doppio appuntamento varesino
"Un giorno, primi anni Settanta, mio fratello, Luigi Grechi, per me guida sicura per letteratura e musica, mi disse: "Prova a leggere questo". Sinceramente non ricordo il titolo ma era un libro di Piero Chiara e dopo averlo letto decisi che di quell’autore avrei letto il più possibile. Ho mantenuto la promessa".
Così Francesco De Gregori spiega il suo rapporto con lo scrittore luinese. Destinato a diventare ancora più stretto da domenica prossima quando, all’Aula Magna dell’Università dell’Insubria, riceverà il premio Le Parole della Musica assegnatogli dall’Associazione Amici di Piero Chiara. Se in quell’occasione non canterà, limitandosi a parlare, il 26 sarà invece in concerto all’UCC Teatro di piazza Repubblica per un appuntamento organizzato dall’associazione Un’Altra Storia che da noi vede referente Giuseppe Musolino.
"Mi vedrete due volte in pochi giorni; non c’è il rischio di esagerare?", chiede divertito l’artista.
Naturalmente no. Semmai sorprende il fatto che lei, da sempre riservato, negli ultimi tempi si stia dimostrando molto espansivo. Dobbiamo preoccuparci?
"Per nulla. Sfatiamo pure questa fama di antipatico. Diciamo semmai che mi sentivo più sicuro stando un po’ nascosto. Concordo, sono diventato più aperto ma se mi chiedete cosa ha determinato la svolta non ho risposte credibili. Tranne quella che con il passare del tempo talvolta si cambia. Io l’ho fatto, speriamo in meglio".
Torniamo a Chiara, davvero ha letto tutte le sue opere?
"Se non tutte, quasi, e non solo letto ma riletto. Ritengo Piero Chiara uno scrittore straordinario, capace di apparire semplice senza in realtà esserlo, in grado di dire tutto con un aggettivo, l’aggettivo giusto. Ho rimesso mano ai suoi libri più volte; lo si fa soltanto con i libri importanti della vita".
Il romanzo preferito?
"I più indicano "La stanza del vescovo" che è molto bello e forse anche il libro che quel giorno Luigi mi consigliò caldamente. Personalmente però preferisco "Il piatto piange". Mi piace la storia di questi perdenti, la loro fragilità, l’aggrapparsi al gioco in un’Italia prigioniera del regime".
Quando si cantava "Giovinezza" ma nessuno la viveva...
"Già, Camola e gli altri sono dei vitelloni non allineati. Chiara narra un antifascismo ma pigro e colto; anche in questo rappresenta un mondo a parte all’interno della letteratura italiana che ha privilegiato l’antifascismo miltante".
Lei ha visto i film tratti da Chiara?
"Non tutti ma avendo prima letto i libri, confesso di avere preferito e di preferire la carta alla pellicola. Lo dico con il massimo rispetto: i personaggi interpretati da Ugo Tognazzi e da Ornella Muti, peraltro bravissimi, li immaginavo diversi. Forse se avessi visto prima i film e letto dopo i romanzi il mio giudizio sarebbe ribaltato".
Nel suo ampio repertorio c’è qualche canzone definibile chiariana? Magari "La casa di Hilde", storia di confine?
"No, è un brano che racconta l’epicità, elemento assente, per scelta, nei testi di Chiara. Ed è in assoluto un paragone improponibile: lui scriveva romanzi e racconti, io scrivo canzoni. Realtà completamente diverse".
Il Premio che riceverà si intitola "Le Parole della Musica". Recentemente, lei ha dichiarato, ad Anna Bandettini, di "Repubblica", che se ci si limita a leggere il testo de "La donna cannone" senza musica può apparire una "boiata pazzesca". Una provocazione?
"Soltanto un esempio. Parlo per me, i miei testi non sono poesie e le parole da sole non reggono. Reggono solo se affiancate dalla musica e dalla voce. Una canzone è un punto d’incontro; l’emozione nasce da questo, dall’alchimia".
Cantare appunto. Lei dal vivo talvolta si diverte a interpretare i classici in modo tale da spiazzare il pubblico. Un omaggio a Bob Dylan o un vezzo? "Questa non è una cosa così vera. Vero però è che Dylan rappresenta da sempre il mio Maestro. In quanto alla mancata fedeltà rispetto all’originale, quando vado a un concerto se chi è sul palco mi fa il disco paro paro resto deluso".
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