BLITZ A RESCALDA
Colpo alle Poste, due condanne
Quattro anni agli esecutori materiali, il gup stralcia la posizione del “palo”. Furono fermati in flagrante con un bottino di 36mila euro
Assaltarono le poste di Rescalda il 10 maggio scorso. L’altro giorno i tre malviventi arrestati dai carabinieri sono comparsi davanti al gup Luca Labianca per saldare il conto lasciato in sospeso cinque mesi fa: difeso dall’avvocato Francesca Cramis, Antonio Pellegrino è stato condannato a quattro anni. Stessa sorte per Sergio Febbraio. Assistito dall’avvocato Davide Toscani, Luigi Mosielloha chiesto il patteggiamento, ma il giudice si è astenuto e ha stralciato la sua posizione.
Il trio fu bloccato in piena flagranza, subito dopo avere prelevato dall’ufficio postale 36mila euro e avere chiuso due dipendenti nel bagno. L’operazione era stata condotta dai carabinieri coordinati dal pubblico ministero Luca Pisciotta. A dire il vero era da qualche giorno che i militari nutrivano pesanti sospetti sulle intenzioni di Pellegrino: girava voce tra gli informatori che volesse rapinare un ufficio postale e quindi lo tenevano sott’occhio. Sicché gli investigatori poterono monitorare tutta l’azione: intorno alle 13.30 la Panda usata dalla banda (risultata rubata a dicembre a Milano) e guidata da Mosiello si fermò in via Asilo.
Pellegrino e Febbraio scesero con cappellino ben calato sulla testa e un bavaglio sulla bocca e fecero irruzione nell’ufficio. Pellegrino impugnava una pistola semiautomatica Glock e non esitò a puntarla minacciosamente contro i due impiegati, costretti così ad avviare l’apertura temporizzata della cassaforte e del bancomat. All’interno c’erano i 36.300 euro che i malviventi si infilarono subito in tasca, dopodiché presero i dipendenti e li portarono in bagno, chiudendo la porta a chiave. Poi di corsa verso il palo che li attendeva all’esterno.
Ma non c’era soltanto Mosiello fuori dalle poste. C’erano anche i carabinieri, immediatamente intervenuti. Non a caso l’avvocato Cramis ha eccepito il tentativo di rapina, proprio perché la banda era monitorata «e avrebbero potuto fermarla prima che compisse l’azione». Sta di fatto che vennero portati in carcere, il gip Luisa Bovitutti applicò la misura con forti motivazioni: la disoccupazione per tutti, la tossicodipendenza per Febbraio e Mosiello e il gioco d’azzardo per Pellegrino.
© Riproduzione Riservata