MOSTRA
Con un cavallo per modello
Il monumentale cavallo accasciato all’ingresso della sede Rai di viale Mazzini a Roma è uno dei più famosi dell’arte italiana del Novecento, entrato nell’immaginario comune. Ma non tutti sanno che l’autore è Francesco Messina (1900-1995), che dedicò numerosi bozzetti allo studio del nobile animale, realizzati osservando dal vivo uno stallone chiesto in prestito alla cavallerizza di San Siro per portarselo nell’atelier dell’accademia di Brera e ammirarne da vicino il corpo, sentirne il respiro e la consistenza del pelo, i muscoli, i tendini e lo scheletro perfetto, così da riprodurre le sensazioni nella pelle della scultura.
Sul tema nel suo studio-museo milanese, ricavato nell’antica chiesa di San Sisto, c’è una mostra a cura della varesina Chiara Gatti, prodotta da Officina Libraria (che pubblica anche il catalogo). Alcune di queste piccole sculture sono accostate per la prima volta non solo alle opere classiche che Messina studiò e ammirò, ma anche a bronzetti, disegni e incisioni rinascimentali, a codici miniati, a lavori d’arte sasanide e islamica che testimoniano le relazioni, gli scambi e le differenze di visione tra Occidente e Oriente.
L’esposizione si ispira al romanzo «Il mio nome è rosso» del premio Nobel turco Orhan Pamuk: un giallo ambientato nel Cinquecento a Istanbul, alla corte del sultano, in cui è emblematica la figura del cavallo, ritratto dai miniaturisti secondo un’iconografia occidentale, naturalistica, erede della tradizione estetica veneziana. Un ponte fra Est e Ovest che allude a un contatto fra civiltà, testimoniato in mostra da pezzi selezionatissimi provenienti dal Museo parigino del Louvre, dal museo dell’Ima, l’Institut du Monde Arabe di Parigi e da altri prestatori autorevoli.
La testa di cavallino sasanide del IV secolo d.C, prestata eccezionalmente dal museo del Louvre di Parigi insieme a un frammento di giara proveniente da Susa, in Iran occidentale, evidenziano la compresenza, nell’arte orientale, di ricerca della verità e di gusto per l’arabesco, mentre la ciotola siro-egiziana d’epoca mamelucca con raffigurazioni di cavalieri e giocatori di polo e la splendida testiera di cavallo (entrambe le opere dal Poldi Pezzoli di Milano) documentano il valore anche morale che l’educazione equestre riveste nel mondo arabo.
Accanto a questi esempi orientali si ammira un mosaico romano proveniente dalla Villa del Baccano, in cui la ricerca naturalistica, sfidando le difficoltà tecniche, si concentra sulla pelle dell’animale e sulle sfumature del mantello sauro, luminoso sui fianchi e sul garrese. Un’attenzione al reale che anticipa le indagini anatomiche dal vero di Dürer e di Leonardo, oltre alle indagini scientifiche condivise da oriente e occidente.
«Il mio nome è cavallo» - Milano, Studio-Museo Francesco Messina, via san Sisto 4, fino al 25 settembre da martedì a domenica ore 10-18, ingresso libero, 02.88447965. Dal 14 luglio al 4 agosto visite guidate gratuite con la curatrice il giovedì ore 17-18, da prenotare al numero 02.36518294.
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