VILLA RECALCATI
"Così racconto quarant'anni di Varese"
Tanti big e tanti "amici" alla presentazione del libro di Gianni Spartà dedicato alla nostra città
"La città raccontata in questo libro è la Varese vera e Gianni lo ha fatto meglio di chiunque altro". Roberto Gervaso, che conosce la Città Giardino dai tempi dell’amicizia con Piero Chiara, parla a braccio, spargendo ironia e sarcasmo, staffilate polemiche e pillole di saggezza. Lo ha fatto a Villa Recalcati per gratificare l’ultima fatica letteraria ("Tutta un’altra storia. Non è vero che a Varese non accade mai nulla", Pietro Macchione Editore) di Gianni Spartà, per quarant’anni alla cronaca -nera e non- della Prealpina, ma anche la città intera e il suo storico quotidiano. Godibile intervento da parte di un "grande vecchio" del giornalismo italiano che ha scritto la prefazione al volume. Daniela Bramati, editore della Prealpina, non ha potuto che sorriderne compiaciuta. Con lei una platea numerosa e varia in cui è rappresentata in lungo e in largo la Varese che siede nella stanza dei bottoni e che ha fornito a Spartà più di un assist per i suoi articoli prima, ora per il suo libro che racconta il territorio varesino nei suoi fatti salienti dal 1992 (con lo sconquasso di tangentopoli la Lega conquista anche Palazzo Estense) ai Mondiali su due ruote del 2008: da Rosita Missoni a Daniele Marantelli, al rettore dell'Insubria Alberto Coen Porisini ai tanti, tantissimi colleghi dell'autore. Poi via libera alle domande pungenti di Diego Pisati, con Gunnar Vincenzi presidente della Provincia a fare gli onori di casa. Al sindaco Attilio Fontana gira un’osservazione di Maniglio Botti, altro ex giornalista di razza della Prealpina: "E’ vero che lei è leghista solo nel fazzoletto verde infilato nel taschino della giacca?"; il borgomastro naturalmente nega e rilancia la fedeltà al Carroccio, "unica novità nel panorama politico italiano dalla metà del Novecento in poi". A Roberto Maroni sottopone il travaglio di un territorio intaccato dal virus della criminalità organizzata; il presidente della Regione replica ottimista che "sul territorio esistono gli antivirus che necessitano" e rilancia a sua volta la "necessità politica" di "proseguire la tradizione che si perpetua dal 1992 di un sindaco leghista a Varese". Al magistrato e scrittore Giuseppe Battarino spetta la freccia più velenosa, quella che si riferisce all’irrisolto caso dell’omicidio di Lidia Macchi: "Avere tenuto sulla corda un sacerdote per più di vent’anni e assolverlo giudicandolo estraneo ai fatti è una vittoria o una sconfitta per la giustizia?"; l’interessato quasi abbassa lo sguardo per dire che "è una sconfitta da imputare alla disorganizzazione". Risposta fin troppo diplomatica e che difficilmente dev’essere piaciuta alla mamma di Lidia, seduta in fondo alla platea. E poi l’autore, che ha ricordato come il volume sia nato dal piombo caldo che si respirava qualche decennio fa in redazione e si sia trasformato col tempo. Magari anche per raccontare di figure esemplari come Salvatore Furia e di vicende di amore totale come quelle di due genitori verso un figlio condannato al silenzio. Tutto per sfatare il "mito al contrario" della provincia silenziosa (che fa rima con laboriosa, ma pure con omertosa) dove non accadrebbe mai niente. Semmai, il rischio è che accada sin troppo, per esempio che la sporcizia della cronaca nera offuschi il candore di quella bianca.
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