IL SONDAGGIO
Diete? L'Italia dice "Pasta"
Ricerca Doxa: regime alimentare controllato ma senza rinunciare ai carboidati
Il 90 per cento degli italiani ama la pasta e il 53 per cento non ci rinuncia, nemmeno se a dieta. Ecco perché, come rivela una ricerca Doxa per Aidepi (Associazione industrie del dolce e della pasta italiane), le diete low-carb, a basso contenuto di carboidrati, nate negli Usa e poi diffusesi in Europa, non sono riuscite a sedurre gli italiani, per i quali la dieta ideale è quella mediterranea. Solo il 5 per cento degli italiani ha sentito parlare delle diete low carb, con pochi carboidrati - rivela il sondaggio -. E solo il 2 per cento ha dichiarato di averne seguita una. Molto bassa (18%) anche la percentuale di chi si dimostra interessato a seguirla in futuro. Di coloro poi che hanno sperimentato una delle tre diete low-carb più famose (Zona, Dukan e Paleolitica), uno su tre si è dichiarato insoddisfatto, la metà perché non riusciva a fare a meno di pane e pasta e il resto perché non otteneva i risultati sperati. La dieta ideale resta, per la maggioranza degli italiani, quella Mediterranea, basata sui carboidrati di pane e pasta. La dieta iperproteica è considerata valida solo dall’11 per cento del campione. Se queste diete non fanno breccia in Italia è perché vengono della popolazione le considera «un controsenso nel Paese della dieta mediterranea», tanto che il 57 per cento è convinto che non le seguirà mai. Alla pasta non sanno dire di no soprattutto gli uomini under 24, nativi dei piccoli centri del Mezzogiorno e delle isole. Per quasi tutti gli italiani la pasta non solo è buona, ma fa anche bene alla salute. «La pasta resta uno dei capisaldi della nostra identità nazionale - afferma Paolo Barilla, presidente di Aidepi -. Inoltre è sempre più amata anche all’estero, compresi gli Stati Uniti. Alcuni dati dovrebbero far riflettere: in Italia mangiamo in media circa 25 chili di pasta all’anno, tre volte più degli americani. Eppure il tasso di obesità tra gli adulti d’oltreoceano è intorno al 30 per cento, tre volte quello italiano».
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