IL LUTTO
Domani l’addio al «padre del cabaret»
Martedì 29 agosto, a Portovaltravaglia, i funerali civili di Nanni Svampa. Ecco come lo ricordano Boldi, Iacchetti, Pellicini, Pozzetto, Remigi e Salvi
Funerale civile per Nanni Svampa. L’ultimo saluto al grande scrittore, attore, comico e cabarettista sarà domani, martedì 29 agosto, alle 14.30, a Portovaltravaglia.
La salma arriverà nella casa di via Castello da Varese (la morte è stata sabato sera all’ospedale di Circolo) per ricevere l’omaggio dei famigliari, degli amici e della cittadinanza che in queste ore non ha mancato di far sentire la propria voce ed il proprio dispiacere sul social network. Il corteo si muoverà poi per le principali vie del borgo sul Lago Maggiore. Un addio secondo le volontà espresse dal grande artista, il cui corpo verrà cremato.
IL COMMIATO DEI “SUOI“ ARTISTI
«Faceva parte della Prima Repubblica del Cabaret. Anzi ne era il presidente».
Non ha dubbi Massimo Boldi sul come definire Nanni Svampa, morto, a 78 anni, all’ospedale di Varese sabato sera.
«Era un grande artista, i Gufi mi facevano impazzire. Hanno aperto la porta agli altri. In quanto a lui, resto convinto che “Porta Romana bella” sia sua».
Sulla stessa lunghezza d’onda Renato Pozzetto.
«Per un certo tipo di comicità, rivoluzionaria per quei tempi, Svampa e compagni hanno giocato d’anticipo. Mi piaceva anche dopo i Gufi. E poi come potevo non sentire vicino uno come lui che a Milano ha preferito il nostro lago? La sua Porto Valtravaglia corrisponde alla mia Laveno, certo poi il lavoro vero e proprio resta a Milano e altrove. Sapevo da Roberto Brivio, recentemente mio ospite, che non stava bene ma la notizia della sua morte mi ha spiazzato. L’ultimo nostro incontro, sul lago, risaliva a due anni fa».
Anche per Enzo Iacchetti il buon Nanni era una sorta di fratello maggiore.
«Il mio idolo - spiega Enzino da Maccagno - quando ero ragazzo, un maestro per il mio lavoro e oggi un amico che mi mancherà tantissimo».
Compagno di palco anche di chi, come Memo Remigi, di professione fa il cantante.
«Ai tempi a Milano abbiano fatto diverse serate insieme. Lavorare con lui era stimolante. In tanti pensano a lui come a uno dei Gufi ma è stato straordinario anche dopo, forse soprattutto dopo. Per me era il Georges Brassens italiano. Brillantissimo nei faccia a faccia, come quella volta allo Zamberletti di Varese quando Mauro della Porta Raffo ci mise a confronto per una sua storica sua battuta su di me, unico, a suo dire, artista, per di più che non fa ridere, del lago di Como contro la grande squadra del lago Maggiore, capitanata da Dario Fo».
Per il luinese Francesco Salvi «era l’ultimo chansonnier, instancabile ricercatore folk e vernacolo. Spiritoso, ironico, dissacrante e veloce a trasformare le difficoltà in battute. Lo ricordo in una sit-com ante litteram sull’incontro-scontro tra due famiglie, una milanese e una siciliana, di una casa di ringhiera con il suo “Calma e gesso” come tormentone».
Alto il debito di un altro luinese nei confronti del Gufo.
«Se la mia vita è il mondo dello spettacolo - spiega Francesco Pellicini - lo devo a lui. Svampa un giorno chiese a Piera Corsini, nome noto a tutti gli estimatori di Piero Chiara, se conoscesse qualche giovane che non fosse del tutto rincoglionito dalla discoteca. Lei fece il mio nome, avevo 19 anni, iscritto a Giurisprudenza, mi portò a un suo spettacolo e vidi la luce. Quel giorno compresi che cosa volevo fare da grande».
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