Taiwan
Elezioni a Taiwan, il voto dei giovani sarà l'ago della bilancia
Il 40 per cento degli elettori ha meno di 40 anni
Roma, 15 gen. (askanews) - Non c'è luogo al mondo con più giovani dell'Asia e non c'è posto, quindi, in cui i giovani possano incidere in maniera più sensibile sugli eventi politici e sociali. Questo fatto è particolarmente evidente in questi giorni a Taiwan, la "provincia ribelle" che la Cina considera parte integrante del suo territorio, dove le giovani generazioni stanno dando l'assalto elettorale al Palazzo con una parola d'ordine: tenere a distanza Pechino.
Nel weekend si tengono elezioni presidenziali, cruciali per il futuro di Taiwan, una realtà statuale nata dalla fuga dei nazionalisti cinesi guidati dal generalissimo Chiang Kai-shek a fronte dell'avanzata maoista nel 1949. Un Paese attraversato, oggi, da una profonda frattura tra chi ha un approccio soft rispetto alle rivendicazioni di Pechino e chi ha un approccio più indipendentista. Questa divisione rischia di diventare anche generazionale.
Era marzo del 2014 quando gli studenti, sventolando girasoli, occuparono il parlamento di Taipei e portarono in piazza centinaia di migliaia di persone contro l'accordo di libero scambio con la Cina che, a loro dire, avrebbe rovinato l'economia taiwanese. Oltre a puntare il dito contro le gravi condizioni di vita dei giovani, privati di reddito e prospettive, la protesta assunse così un forte connotato anti-Pechino, che ora potrebbe avere un importante riscontro elettorale.
I sondaggi, infatti, danno come vincente la candidata presidente del Partito democratico progressivo (Dpp), Tsai Ing-wen, che è su posizioni meno favorevoli ai rapporti con la Cina, rispetto al Kuomintang - il Partito nazionalista il cui capo fu proprio Chiang Kai-shek - che oggi preferisce un approccio dialogante con i fratelli separati del continente. Non ha giovato alla causa dell'"unica Cina", la formula sulla quale c'è un accordo tacito tra Taipei e Pechino da un decennio, neanche il vertice tra Xi Jinping e il presidente uscente Ma Ying-jeou, uomo del Kuomintang che è ampiamente impopolare dopo che le sue promesse di prosperità per i taiwanesi non sono state mantenute.
La capacità dei giovani di fare la differenza è nei numeri. Sono 18 milioni gli elettori taiwanesi. Di questi, il 40 per cento circa è sotto i 40 anni, con un interesse a qualificare Taiwan per quella che è: una democrazia con una propria identità e un proprio futuro proiettato nella globalità. L'esempio della vicina Hong Kong - un'altra realtà nella quale i giovani negli ultimi mesi hanno fatto sentire la loro voce - suona come un monito: dopo il ritorno nel gremo della madre Cina, l'ex colonia britannica sta vedendo gradualmente smontate le sue libertà e viene sempre più inglobata politicamente nella massa continentale cinese. Chi ha una vita ancora davanti, questo rischio non lo vuol correre.
Così molti dei ragazzi che hanno dato vita al Movimento dei girasoli si sono messi in gioco anche in prima persona. E' il caso di Tseng Po-yu, che di quel movimento fu portavoce, candidata a 24 anni con un'alleanza tra Verdi e Partito socialdemocratico. "I movimenti associativi non possono avere influenza politica, perché il sistema taiwanese è troppo chiuso e conservatore", ha affermato Tseng che punta a essere la parlamentare più giovane mai eletta nell'assemblea legislativa monocamerale dell'isola. "E' impossibile per i giovani risparmiare, perché i salari sono bassi e i prezzi elevati. Devono dimenticare l'idea di diventare proprietari di una casa, visti i costi degli immobili. Io voglio parlare coi giovani che sono inquieti per il loro futuro. Noi meritiamo di meglio!"
E' una voce che la politica dell'ex Formosa deve ascoltare, quella dei giovani. Dei due grandi partiti, quello che sembra aver meglio intercettato questo sentimento è il Dpp. Tsai, tuttavia, sa di doversi muovere lungo un sentiero stretto e, pur strizzando l'occhio al sentimento anti-cinese, ultimamente ha moderato i toni e ha assicurato che non intende intaccare lo "status quo": per il momento insomma niente formale indipendenza, un passo traumatico che non sarebbe accolto da Pechino senza una decisa risposta. C'è da evitare uno scontro con un paese che sta diventando una potenza anche militare, oltre a essere il principale partner economico dell'isola. Ma c'è anche da tranquillizzare l'alleato che tradizionalmente garantisce la sicurezza taiwanese, gli Stati uniti, non interessati a un'escalation militare nello Stretto. Molto meno recettivo, da questo punto di vista, è apparso il Kuomintang, che ha candidato alla presidenza, dopo mille vicissitudini, il sindaco di Taipei Eric Chu.
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