LO STUDIO
Estero, Pmi varesine da record
Territorio fra i più evoluti in Italia per capacità di internazionalizzazione
La parola d’ordine delle Pmi lombarde? Internazionalizzazione. Tra l’altro, l’elevato tasso di internazionalizzazione caratterizza un po’ tutte le realtà produttive lombarde, a cominciare proprio da quelle della provincia di Varese.
Nel Varesotto, se possibile, il processo di espansione all’estero è ormai connaturato al modus operandi di chi fa impresa. Ce lo ricorda il 49,9% di vendite all’estero sul totale delle imprese di Varese: si tratta di un record assoluto in Lombardia, nonché di uno dei dati più rilevanti emersi dall’indagine “Strategia di internazionalizzazione, commitment e performance delle Pmi lombarde”, realizzata da Confindustria Lombardia con il contributo scientifico di Sda Bocconi.
Lo studio ha coinvolto un campione di circa 1200 imprese con l’obiettivo di definire le strategie internazionali perseguite dalle imprese lombarde, valutare propensione e performance e individuare le esigenze di servizi e supporto.
Nel dettaglio, l’indagine, i cui esiti sono stati presentati ieri, mercoledì 27 giugno, a Milano, ha evidenziato un grado di internazionalizzazione omogenea in tutti i territori. Le province con più imprese esportatrici oltre a quelle di Varese e provincia?
Si trovano a Cremona (49,8% di vendite all’estero sul totale delle imprese) e a Brescia (47,1%). Non c’è da sorprendersi, alla luce della vocazione produttiva delle Pmi lombarde, che i comparti industriali più internazionalizzati siano quelli legati alla produzione manufatturiera, in primis i settori dei mezzi di trasporto (60,3%) e dei macchinari (58,3%).
Altro dato che non sorprende più di tanto: al mutare della dimensione cambiano per forza di cose le modalità di internazionalizzazione. In altre parole, le piccole imprese (il 34,4%) optano per un numero limitato di Paesi di destinazione per economizzare le risorse, prevalentemente puntando all’export; le medio-grandi (31,6% e 34,9%) preferiscono invece la politica dello “spreading”, e cioè optano per una presenza diffusa in numerosi Paesi (anche con piccole quote di mercato), accompagnata da investimenti diretti e presenza commerciale o produttiva.
Da tenere in considerazione il fatto che il commitment (mix di risorse finanziarie, conoscenza attività internazionalizzazione, patrimonio esperienze pregresse e rete di contatti locali) contribuisce positivamente al successo internazionale; c’è però anche da dire che le piccole imprese hanno sì livelli più bassi di commitment ma, al tempo stesso, sono quelle che si internazionalizzano più velocemente. In generale, le imprese lombarde sono tendenzialmente dinamiche e flessibili nell’adattarsi ai nuovi mercati, prediligono forme di internazionalizzazione leggera e guardano come destinazione preferite Germania, Francia e Spagna (mentre Russia, India e Iran sono i Paesi dove ambiscono ad espandersi nei prossimi anni).
Lo studio mette infine in risalto l’aumento delle aziende cosiddette “born global”, imprese cioè che raggiungono il 25% di vendite all’estero sul fatturato aziendale nei primi tre anni di attività, che rappresentano ormai il 34% del campione lombardo preso in esame. Ci si riferisce a realtà produttive nate a partire dal 2000, trasversali a tutti i comparti industriali e classi dimensionali e caratterizzate da politiche d’internazionalizzazione spinte.
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