Francia
Francia, esperti: primo attacco a chiesa, Isis vuole guerra civile
Analisti: oltre che con intelligence affrontarli con la politica
Roma, 26 lug. (askanews) - Con il primo attacco compiuto contro un luogo di culto cristiano in Francia lo Stato Islamico (Isis) punta ad una guerra civile. E' quanto pensano due analisti europei commentando l'attentato di oggi alla chiesa di Saint-Etienne-Du-Rouvray di Rouen e subito rivendicato dall'Isis. Insomma, per i due esperti di conflitti internazionali il vero scopo di questi attacchi è di alimentare un conflitto tra "musulmani e francesi" che potrebbe scattare da "una reazione xenofoba" della destra da una parte e da "una radicalizzazione" della minoranza musulmana la più grande in Europa.
"L'uccisione di un prete tocca un simbolo molto sensibile nella società francese, ed è ovvio che l'Isis in modo diretto o indiretto ha questa strategia eversiva di aizzare le comunità per creare uno spiraglio di guerra civile". Così ad askanews, Jean-Pierre Darnis, direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello Istituto Affari Internazionali (IAI).
Evitare questo rischio non è semplice, ma l'analista è convinto che sia dannoso militarizzare lo Stato: "Non ci sono ricette miracolose. Da un punto di vista di polizia si sta già facendo moltissimo. Io non penso che si possa mettere una guardia armata davanti a tutte le chiese per tutta la giornata. Purtroppo bisogna resiste, uno stato militarizzato farebbe il gioco dei terroristi".
Tuttavia per Darnis, "questa ennesima barbarie, è paragonabile agli anni '70" e come si fece allora contro i movimenti estremisti, in particolare in Italia, potrebbe essere risolta solo quando si arriverà a isolare i lupi solitari, anche con norme che permettano "denunce giudiziarie contro i fiancheggiatori nell'ambiente dove trovano rifugio i terroristi".
A temere una guerra civile in Francia ed evocare gli anni di piombo è anche un'altro esperto di conflitti internazionali come Raffele Marchetti, docente di Relazioni Internazionali nell'università Luiss.
Interpellato da askanews, Marchetti riferendosi in generale agli autori degli ultimi attacchi in Europa afferma che si tratta di ragazzi marginalizzati, "che sembrano trovare un progetto di emancipazione sociale e politico attraverso l'affiliazione, qualche volta formalizzata, al soggetto dell'Isis".
"E' chiaramente un segno di rivalsa", dice il docente universitario prima di aggiungere che "sembra proprio che ci sia un nesso tra il fatto di sentirsi emarginati e trovare un senso alla propria esistenza nella società guardando a questo progetto dell'Isis". Perchè quello dell'Isis "è un progetto che ha originato una rivincita sociale".
A rendere questo progetto tanto pericoloso "è l'esistenza di una componente religiosa mal interpretata che radicalizza questo fenomeno, paragonato ad esempio al terrorismo che l'Europa ha avuto negli anni '70. Anche quello era un fenomeno di radicalizzazione sociale, (
) ma è stato fatto da persone che cercavano un riscatto politico e sociale, qui c'è la componente religiosa che rende il tutto più complicato".
Sulla ricetta per evitare un conflitto sociale in Francia, Marchetti, è convinto che bisogna ricorrere alla politica: "Se loro riescono a dividere la società in francesi contro musulmani, se riescono a fomentare una reazione xenofoba da una parte e un sentimento di marginalizzazione dall'altra" questo "fa il loro gioco e farà aumentare i terroristi", afferma.
Per il docente della Luiss, affrontare il messaggio degli uomini del Califfato politicamente significa: "Affrontare il progetto politico che l'Isis porta avanti: non liquidarli come quattro terroristi, ma ingaggiare un discussione seria sui grandi media per screditarli" sia da un punto di vista religioso che politico. "Per esempio dire che ci sono altri progetti politici per migliorare la sorte dei musulmani d'Europa così come le politiche in Medio Oriente".
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