IL CASO
"Frontalieri, scioperate"
L'ex ambasciatore elvetico negli Stati Uniti riconosce l'enorme impatto dei lavoratori stranieri sull'economia della Confederazione, soprattutto del Ticino
Si arriverà davvero a un primo, storico, sciopero generale dei frontalieri? Chissà. Nell’ultimo periodo le voci si stanno rincorrendo, i frontalieri si stanno organizzando in nuovi gruppi e, probabilmente, prima o poi la storia potrebbe essere riscritta. Intanto un ultimo segnale a favore di questa manifestazione arriva direttamente (e inaspettatamente) dalla Svizzera. A farlo è Urs Ziswiler, l’ex ambasciatore elvetico negli Stati Uniti, intervistato da Rete Uno, la principale emittente radio della Rsi, la “Rai” ticinese. "Senza i frontalieri e i migranti – ha detto l’ex diplomatico - l’economia svizzera (e specialmente quella ticinese) non potrebbe funzionare".
D’altronde se i frontalieri incrociassero le braccia, il Canton Ticino (350.000 abitanti), dove troverebbe 60.000 lavoratori per rimpiazzare varesini, comaschi e piemontesi? Impossibile, tanto che Ziswiler ha rincarato la dose: «Io raccomanderei ai migranti e ai frontalieri di fare, una volta, una settimana di sciopero, per mostrare che, senza di loro, non potrebbero funzionare settori importanti come quelli della sanità, della gastronomia e delle costruzioni».
Accadrà? Lo dirà la storia. Intanto, a proposito di edilizia, qualcosa si sta muovendo. Il 9 novembre i sindacati Unia e Ocst hanno indetto una giornata di mobilitazione del settore presso il capannone Espocentro di Bellinzona. Sostanzialmente il muro contro muro fra lavoratori e Società svizzera degli impresari e costruttori si è alzato a causa, come dicono i sindacati, «di atteggiamenti irrispettosi verso chi ha costruito il Paese spaccandosi la schiena». E in Canton Ticino si parla di migliaia di varesini che compongono la stragrande maggioranza della manodopera legata al mattone. Sostanzialmente i sindacati vorrebbero il rinnovo del contratto nazionale per più anni, mentre i datori di lavoro si limiterebbero a un rinnovo annuale a costo zero, comprendendo un taglio del 18% delle rendite e all’innalzamento dell’età pensionabile. Proposte a cui i sindacati hanno risposto picche. E, anzi, hanno reagito con durezza.
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