REFERENDUM
Gli svizzeri: «Prima i nostri»
Caverzasio (Lega Ticinesi): disoccupati e salari bassi, Cantone da tutelare. Il voto domenica 25
Il Ticino al voto domenica 25 per frenare l’ondata di frontalieri italiani. «Prima i nostri»: emblematico il titolo del quesito referendario -promosso dall’Udc e dalla Lega dei Ticinesi – che chiederà la precedenza ai residenti svizzeri nel momento dell’assunzione.
Daniele Caverzasio, capogruppo della Lega dei Ticinesi al Gran Consiglio (il Parlamento del Cantone), qual è il problema?
«Sono due i problemi di fondo: una flessione dei salari e una forte crescita dei disoccupati che ricorrono alla nostra assistenza».
E i frontalieri cosa c’entrano?
«E’ evidente che una certa concorrenza del frontalierato abbia provocato una distorsione nel mercato e in questo scenario c’è chi se ne approfitta, scatenando una lotta tra poveri. Preferendo la manodopera dei frontalieri, il risultato è che ci sono professioni oggi pagate 2.500 euro al mese. Soldi che per un italiano sono un buon stipendio, ma qui si fa fatica ad arrivare alla fine del mese».
Ma se domani dovesse passare il referendum, da lunedì mattina cosa cambia per i frontalieri italiani?
«Lunedì non accade nulla, ma è chiaro che si mette in moto il processo per l’applicazione della volontà popolare e la politica sarà chiamata a legiferare in tal senso. Davanti alla volontà del popolo non è soltanto un auspicio, ma diventa un atto dovuto».
I vostri avversari sostengono che il quesito referendario, così come posto, sia inapplicabile, in quanto incostituzionale e in contrasto con il diritto internazionale.
«Non è così. Questo è un referendum costituzionale perché noi vogliamo andare a cambiare la Costituzione. E’ una problematica che non esiste, perché i politici sono eletti per legiferare e per proteggere gli interessi dei cittadini. E’ il non farlo semmai che qualche problema lo pone, oltretutto in uno Stato che non fa nemmeno parte dell’Unione europea».
Non teme che una vostra vittoria al referendum possa creare un irrigidimento nei rapporti tra Italia e Svizzera e che l’Italia, come ripicca, possa rimettere in discussione gli accordi bilaterali, creando in questo modo una spirale negativa in cui a perdere alla fine saranno gli interessi economici di entrambi i Paesi?
«Non credo sia interesse di nessuno arrivare a uno scontro frontale. La Provincia di Como, tempo fa, titolava “Mamma Svizzera”, a dimostrazione che anche gli italiani si rendono ormai conto che il Cantone non soltanto produce ricchezza per la Lombardia, ma è anche un grande ammortizzatore sociale. Sono certo che prevarrà il buonsenso. Anche perché, in fin dei conti, ciò che chiediamo è molto semplice: a parità di requisiti, priorità a chi è residente».
I tantissimi frontalieri varesini che ogni giorno attraversano il valico del Gaggiolo, di Chiasso e di Lavena Ponte Tresa devono temere per il proprio posto di lavoro?
«No, almeno nel breve periodo. La nostra volontà è capire quali siano le professioni richieste nel mondo del lavoro e agire di conseguenza. E se per alcune il problema non si pone perché la manodopera locale non c’è, per le altre chiediamo un po’ di favoritismo per chi già vive qui. Cosa c’è di strano? Guardi che non andiamo a inventarci nulla di nuovo, chiediamo l’applicazione di ciò che esisteva prima degli accordi bilaterali. Già allora i frontalieri, ai tempi d’oro del settore immobiliare e dell’edilizia, erano quasi 50mila, ovvero quasi la cifra attuale. Non è nostra intenzione chiudere i rubinetti. Vogliamo invece un ritorno al passato con un maggior controllo del mercato del lavoro che non è stato capace di autoregolarsi, creando effetti distorsivi».
Non crea un certo imbarazzo trovarvi in contrapposizione con la Lega Nord, al governo della Regione Lombardia e di conseguenza dall’altra parte del confine a difendere la manodopera lombarda che voi oggi volete limitare?
«No, non c’è contrapposizione tra Leghe. Così come la Lega Nord è nata per proteggere gli interessi degli abitanti del Nord, allo stesso modo noi proteggiamo gli interessi dei ticinesi. Su questo tema abbiamo una visione diametralmente opposta? Fa parte del gioco della politica. Su tanti altri invece ci potrebbero essere interessanti zone d’incontro».
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