«Guardia alta a Malpensa»
Intervista al direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani sui luoghi a rischio Isis: anche l’aeroporto sorvegliato speciale
L’aeroporto sorvegliato speciale in questo delicato momento in cui i terroristi dell’Isis lanciano i loro sanguinosi proclami a tutto il mondo. E anche all’Italia. Non è un caso che proprio giovedì 19 due siriani siano stati fermati a Orio al Serio con foto di guerra e dell’Isis sui loro telefonini. Hanno tentato d’imbarcarsi per Malta ma sono stati arrestati e processati per direttissima. E a Malpensa? La guardia è alta, così come negli altri obiettivi sensibili del Paese. Lo conferma Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, esperto sui temi della sicurezza e della lotta al terrorismo.
Direttore, ci sono rischi per Malpensa?
«Di certo l’aeroporto rientra nei luoghi sensibili e può essere bersaglio di attentati. Primo obiettivo dei terroristi sono sempre le infrastrutture, indipendentemente dalla matrice di chi commette l’attentato. Ricorderete senz’altro l’Italicus o i palestinesi a Fiumicino. I punti nodali diventano, naturalmente, punti critici in questi momenti. Attaccarli significa creare paralisi e un’enorme risonanza mediatica».
Ma l’Italia rischia attentati?
«Tutti siamo bersagli e pure l’Italia anche se il suo ruolo è meno evidente all’interno della coalizione che fa finta di combattere l’Isis. Noi forniamo istruttori in Kurdistan, armi e aeroplani che non sono però autorizzati a bombardare. Come disse l’ex ministro della difesa Parisi siamo comunque belligeranti. E dunque possiamo aspettarci di tutto».
Perché dice che la coalizione fa finta di combattere l’Isis?
«L’Isis più sopravvive e più diventa forte. La coalizione gli deve fare la guerra sul serio se vuole ottenere dei risultati. Altrimenti rafforza nelle menti dei terroristi l’idea che possono vincere contro il mondo intero. Questo tipo di situazione favorisce la loro propaganda. Fa credere che siano una potenza. Invece, se mandassimo almeno 20mila uomini, in poche settimane ci sbarazzeremmo dell’Isis. Al Qaida era più difficile da combattere perché si nascondeva nelle grotte. Questi, invece, hanno uno stato e un esercito. Che vanno cancellati».
Forse le grandi potenze non vogliono avere vittime sulla coscienza, per questo fanno la guerra per finta.
«Ma la guerra senza morti non esiste, non è come giocare a briscola. Se Hollande usa la parola guerra e il suo oppositore Sarkozy dice addirittura sterminio, allora chi fa parte della coalizione non può stare fermo. Deve intervenire. Altrimenti le parole dei francesi rischiano di trasformarsi in un enorme autogol. Gli unici sono i russi che stanno facendo sul serio».
Gli Stati Uniti hanno una politica militare piuttosto contraddittoria. Non crede?
«Penso che tutti quanti noi dobbiamo porci delle domande sul ruolo degli Stati Uniti che dovrebbero avere interesse nel creare stabilità in queste zone energetiche. Invece no perché l’America è diventata produttrice di petrolio e gas e nel 2020 lo esporterà. Non hanno interesse, quindi, a rimettere le cose a posto. Anzi, questa situazione potrebbe anche fare loro comodo perché mette in difficoltà i principali competitor cioè Cina, India ed Europa. Per questo il loro ruolo continua ad essere ambiguo».
L’Italia allora dovrebbe schierarsi convinta accanto ai cugini francesi?
«Dovrebbe, ma siamo al traino, in attesa di chissà quali eventi. Non ha una sua politica né una sua strategia. L’Italia e l’intera Europa quale credibilità possono avere nella lotta al terrorismo se non hanno nemmeno la forza di salvaguardare i propri confini di fronte all’invasione degli immigrati? Abbiamo abdicato a qualsiasi ruolo di difesa e ciò ci ha enormemente indebolito. Per questo l’Isis ne approfitta».
E rischiamo pure di diventare bersaglio di attentati.
«Questo non posso saperlo ma di sicuro l’Isis colpisce chi lo combatte. Il prossimo attentato punirà i Paesi che aderiranno all’appello della Francia. Non per questo bisogna rimanere con le mani in mano. O peggio schiavi delle divisioni nazionali. Ecco, questo, è il male peggiore. Pure contro l’Isis».
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