IL REFERENDUM
Hanno votato quasi 4 lombardi su 10
Maroni soddisfatto, ma secondo Gori e i 5 Stelle il risultato regionale è un insuccesso del governatore. Sistema elettronico sotto accusa: scrutatori “sequestrati” ai seggi fino a notte fonda, il dato finale non è ancora noto
VOTANTI La stima del dato finale sull’affluenza nel referendum sull’autonomia, secondo la Regione Lombardia, «oscilla tra il 38 e il 39 per cento per un numero di votanti di circa 3 milioni» quando sono state esaminate il 95% delle 24mila Voting machine. «Allo stato - spiega il Pirellone in una nota - l’affluenza è pari al 37,07%. Si sono registrate alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dei dati delle rimanenti Voting machine e pertanto i risultati completi potranno essere resi noti a operazioni concluse».
RITARDI Operazioni che, dunque, si concluderanno in netto ritardo, dato che nel primo pomeriggio (16 ore dopo la chiusura ufficiale dei seggi) mancava ancora il dato finale. Un particolare che contrasta con la presunta rivoluzione digitale varata da Regione Lombardia che, di fatto, ha rallentato di parecchie ore la conclusione dello scrutinio. «Quando, pochi minuti dopo le 23 - racconta Filippo, 21 anni, segretario in un seggio milanese - abbiamo consegnato la “chiavetta” contenente i risultati della sezione, un messo è partito per recarsi in Comune, all’ufficio elettorale dove era previsto l’afflusso delle circa 2.800 sezioni cittadine. Il nostro lavoro a quel punto sarebbe stato concluso, ma in realtà abbiamo dovuto attendere nel seggio per quasi quattro ore, fino alle 3 circa quando siamo stati autorizzati a lasciare la sede di voto. Con le procedure standard alle 23.30 avremmo potuto essere a casa, mentre in questo caso la nostra presenza era necessaria fino all’avvenuta presa in carico dei dati in Comune. Operazione che ha richiesto tempi molto più lunghi di quanto si pensasse». Tanto che, alle 10 di lunedì 23, il risultato referendario non è ancora completo.
MARONI Al di là delle critiche al sistema di voto, oggi è il momento dei commenti politici.
«Ora ho un impegno importante, dare attuazione al mandato storico che i milioni di lombardi mi hanno dato per avere l’autonomia vera. Andare a Roma a chiedere più competenze e risorse per la Lombardia, nell’ambito della unità nazionale». Lo ha detto il presidente Roberto Maroni parlando a caldo domenica notte. «Punterò ad avere tutte le competenze dell’Articolo 117, ad avere le risorse connesse ma anche il riconoscimento della Lombardia come Regione speciale. Partiamo martedì in Consiglio regionale con il mio intervento che farà partire la discussione della mozione, nel frattempo convocheremo tutti gli stakeholder» ha spiegato. L’obiettivo di Maroni è arrivare «entro un paio di settimane a presentare una proposta al Governo, che poi entro 60 giorni deve convocarci per chiudere rapidamente questa partita, prima delle elezioni politiche».
«Chiederò all’Anci Lombardia di darmi una delegazione. Quindi lascio a loro scegliere. Se chiedessero a me chi voglio, sceglierei Gori perché si è espresso molto. Sala? Ho un buon rapporto con lui, ma se non è andato a votare, mi pare difficile possa far parte della delegazione».
I 5 STELLE L’affluenza al referendum un Lombardia è stata “sopra le aspettative” secondo il consigliere regionale dei 5 stelle Stefano Buffagni, convinto che la “strumentalizzazione di Maroni” e “l’atteggiamento scorretto di tutta la Lega Nord” abbia scoraggiato molti cittadini che per mesi hanno sentito parlare di residuo fiscale, che con questo referendum non c’entra niente.” «Grazie al M5S - ha rivendicato - si è votato con il voto elettronico e su un quesito costituzionale. Ora bisogna dare immediatamente seguito alla volontà dei cittadini e aprire con il governo la trattativa sulle competenze come prevede l’iter costituzionale. Su questo abbiamo le idee chiare: ambiente, dissesto idrogeologico, sviluppo e innovazione, istruzione». «Grazie ai lombardi che hanno votato e che hanno capito il senso del referendum, una vittoria - ha concluso - dei cittadini e non della Lega».
IL MINISTRO MARTINA «Zaia e Maroni potranno avviare lo stesso percorso di confronto aperto dal presidente emiliano Bonaccini, ma le materie fiscali - e anche altre, come la sicurezza - non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia e neanche con l’Emilia Romagna. Non lo dico io: lo dice la Costituzione, con gli articoli 116 e 117 che indicano chiaramente gli ambiti su cui ci può essere una diversa distribuzione delle competenze». Così Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura e vicesegretario del Pd, in un’intervista a Repubblica. «Il dato del Veneto è sicuramente un messaggio chiaro: è un mandato degli elettori, di cui ho grande rispetto, ad aprire una trattativa. Ma per quanto riguarda la Lombardia parlerei, al contrario, di una sconfitta. Nello specifico, di una sconfitta di Maroni», afferma Martina. «Il 22 agosto, in una intervista, diceva testualmente che “l’asticella del successo è fissata al 51%”, poi l’ha abbassata. Resta il fatto che la maggioranza dei lombardi ha ignorato le sue sirene e non ha creduto alla propaganda leghista sul residuo fiscale». «Adesso potrà partire una discussione e, in caso di accordo, questo andrà votato dal Parlamento con una legge», spiega Martina.
GORI «Maroni continua a chiedermi di partecipare al tavolo che ora si aprirà con il governo. Se è una cosa seria, vado con molto piacere. Se invece andiamo a Roma per fare il cinema, preferisco, con tutto il rispetto per Maroni, che vada da solo». Lo afferma il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, rimarcando che la Lombardia dal referendum esce «più debole. Aveva tutte le forze politiche con sé, Maroni, e non ha saputo convincere davvero i lombardi, che pure sono in gran parte per le autonomie». «Rivendico di aver votato sì e la bontà dei contenuti che sono gli stessi che proporrei io una volta eletto presidente della Regione. Trovo che il risultato della Lombardia sia rispettabile, sebbene non travolgente», commenta Gori, che si dice «non pentito“, anche se alla fine a Roma andrà un governatore con il 60% e uno con meno del 40, non è la stessa cosa».
Nelle prossime ore si attendono nuove dichiarazioni di leader leghisti e non: Matteo Salvini ha convocato una conferenza stampa in via Bellerio alle 11. Durante la mattinata nel quartier generale della Lega Nord si sono riuniti i vertici del partito, dal segretario federale allo stesso Maroni, da Giancarlo Giorgetti a Paolo Grimoldi.
SALVINI - Ieri in Lombardia e Veneto «È stata una lezione di democrazia per tutta Europa, abbiamo scelto la via legale, pacifica e costituzionale. La stessa opportunità la offriremo da nord a sud a chi ce lo chiederà», le prime parole di Matteo Salvini in conferenza stampa. «Meglio di così non poteva andare. Abbiamo vinto sui poteri forti cinque a zero. Ora mi aspetto che il Governo dica quando intende accogliere questa richiesta che sale dal popolo. Quelli che dicevano che la linea nazionale della Lega avrebbe trovato problemi al Nord non ha capito un accidente. Richieste di autonomia hanno convinto 5,5 milioni di persone a votare, e Maroni e Zaia avranno pieno mandato a trattare - ha aggiunto Salvini - Rido quando leggo certe ricostruzioni di divisioni».
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