IL FESTIVAL
Harvey Keitel: antidivo a Locarno
Informale e disponibile, l’attore americano racconta 50 anni di carriera
Pubblico in visibilio per Harvey Keitel77 anni, fra le star della sessantanovesima edizione del Festival del film, in corso nella cittadina svizzera sul lago Maggiore fino al 13 agosto. L’attore americano all’arrivo al Forum sale su una sedia per salutare il pubblico, oltre la barriera di fotografi, e offre una bibita a uno spettatore con la semplicità informale tipica degli Usa. Un passato nei Marines, «mi sento più Marine che newyorchese», chiarisce, una carriera lunga più di cinquant’anni iniziata con un corso di cinema a 25 anni con insegnanti come Marlon Brando e James Dean, legata anche agli esordi di registi diventati famosissimi, tra i quali Martin Scorsese e Quentin Tarantino.
Scorsese lo aveva conosciuto che era studente alla New York University. Il provino per “Chi sta bussando alla mia porta?” si era svolto in una stanza che sembrava un ufficio della polizia. Un tizio indisponente lo aveva invitato a sedersi in modo sgradevole, erano volate parole pesanti, mentre Keitel se ne stava andando era spuntato Scorsese dicendo che aveva superato il provino e che il ruolo era suo. Il set era l’appartamento di Scorsese a Little Italy e le riprese si interrompevano alla sera quando il padre Pasquale tornava affamato dal lavoro e ordinava alla moglie di preparare la cena. Così era cominciata la carriera di cineasti indipendenti di entrambi. «Scorsese è tutta la vita che fa lo stesso film, sta ancora cercando di capire chi c’è dietro la porta».
Tarantino, che faceva il commesso in un negozio di video, gli aveva fatto avere da un’amica il copione di “Le iene”. «Era la più insolita che avessi mai letto. Ci incontrammo a casa mia, era un ragazzone, non cominciò bene, mi disse “Lei è Harvey “Kitel”? No si dice “Kaitel”! Gli aprii la porta e anche il frigorifero, guadagnava poco, aveva sempre fame e mi spazzava tutto. Poi cominciai a mettere cose meno buone quando arrivava e a nascondere le migliori ma spazzava tutto lo stesso».
Curioso l’incontro con Abel Ferrara, gli consegnò la sceneggiatura del “Cattivo tenente” sottilissima e breve, 23 pagine in tutto scritta con caratteri enormi. Dopo averla buttata nel cestino senza leggerla la ripescò. Sconvolto dalla scrittura particolarmente brillante della scena della suora accettò la parte, riempiendo il film di contenuti durante la lavorazione.
Grande ammirazione per il cinema italiano, tra i registi italiani con cui ha lavorato oltre a Scola, Sorrentino e la Wertmuller considera italiani anche Tarantino, Scorsese e Ferrara. A chi vuol fare cinema, registi, sceneggiatori e scrittori, consiglia di non puntare Hollywood ma di fare comunque il proprio cinema ovunque. Due i momenti più belli della sua vita, la nascita della prima e dell’ultimo figlio. Nessuna paura di invecchiare, anzi: «La vita è bella con una moglie fantastica e un figlio di dodici anni!».
Non si sbilancia su chi gli chiede un giudizio su Trump. «Qui si parla di cinema».
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