IL CASO
«Ho perso i polmoni. Risarcitemi»
Frontaliere luinese affetto da berilliosi e costretto al trapianto. I medici: «Malattia professionale»
Chi crede che la Svizzera sia un Bengodi per tutti i frontalieri, alle volte non conosce storie come quella del luinese Davide Donini, vicende non così isolate così come si potrebbe pensare.
Donini ha 51 anni, vive a Luino e per diversi anni ha fatto il frontaliere in una ditta ticinese a cinque minuti dal confine con l’Italia.
Atletico, sportivo, amante della bicicletta con la quale raggiungeva anche il suo posto di lavoro, la sua vita scorreva come quella di tanti lavoratori italiani che si alzano il mattino per tornare a casa la sera.
Nell’agosto del 2013, però, ha avuto una prima crisi respiratoria di cui non capì subito bene l’origine e dopo vari esami gli è stata diagnosticata definitivamente la berilliosi, una malattia professionale che colpisce i polmoni in maniera invalidante e che lo ha costretto per oltre quattro anni a vivere attaccato all’ossigeno per 24 ore al giorno.
Una prima diagnosi ufficiale di berilliosi, dopo attenti test, è stata fatta dal reparto di Medicina del lavoro dell’Ospedale di Circolo di Varese che nella sua relazione ha spiegato di aver già trattato casi simili in passato.
Come ha fatto dunque a contrarre la malattia che colpisce il parenchima polmonare?
I sospetti del luinese si concentrano sullo stabilimento dove lavora, e alcune analisi fatte sui capi indossati durante l’attività lavorativa, infatti, hanno fatto riscontrare tracce di rame berillio.
In attesa di capire che cosa davvero sia avvenuto - considerando pure che risultano altri lavoratori luinesi ammalati di patologie polmonari in azienda - la sua storia approda all’interno di un’inchiesta della Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI) dal titolo “A me manca la vita”.
Nel frattempo Davide ha effettuato il trapianto di polmoni lo scorso 31 maggio al Policlinico di Milano con uno speciale intervento durato 14 ore e con la speranza, oggi, di riavere una vita almeno più accettabile.
Ma i problemi per il cinquantunenne non sono finiti perché è in attesa di capire se la Suva, l’assicurazione svizzera contro malattie ed infortuni, gli riconoscerà “il danno”, la malattia.
Ai tecnici svizzeri sono stati forniti i vetrini, gli esami sul tessuto polmonare, dagli ospedali di Varese, Brescia e Milano ma per ora nessuna decisione è stata presa oltre confine.
Il dato non è da poco, perché attualmente a Donini è riconosciuta solo l’invalidità da parte Svizzera, mentre gli spetterebbe anche una quota parte di quello che era il suo stipendio e la differenza tra la cifra dell’invalidità e lo stipendio sarebbe proprio a carico della Suva.
Insomma, dovrebbe essergli riconosciuta la malattia professionale, ma per il momento tra Svizzera e Italia c’è solo un lungo e inutile carteggio perché l’istituto elvetico si appella al segreto istruttorio. Intanto il tempo passa, il luinese - seppure in una condizione fisica migliore - dovrà assumere medicine antirigetto per tutta la vita e praticare fisioterapia per i suoi “nuovi” polmoni.
Caso ha voluto che la forma di terapia riguardi proprio lo sport che ama, la bicicletta, in grado di mantenere “elastici” gli organi trapiantati” ma al cinquantunenne luinese manca un pezzo della sua vita: il suo lavoro.
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