INTEGRAZIONE
I profughi? Giocano a calcio
Non tutti stanno al parchetto a far niente. L’esperienza dei Gallaxi nel campionato Csi
Cazzeggiano, bevono, si ubriacano ai giardinetti. Nella migliore delle ipotesi tornano brilli nelle loro camerate e sbolliscono lì i loro ardori. Nel caso peggiore combinano casini tra piazza della stazione e il centro, quando non si spingono oltre e vanno a occuparsi di strani traffici, qualcuno sostiene legati alla droga e alla prostituzione. Quante se ne sentono dire sui profughi? Tante, forse troppe. Qualcosa di vero c’è senz’altro, ma è bello ogni tanto raccontare qualche risvolto positivo ed edificante, E’ vero che la nostra società preferisce infilare tutti nel tritacarne della maldicenza. E godere di quel gusto amaro che scatena la cosiddetta macchina del fango. Per una volta si può fare un’eccezione e raccontare quel che succede nella squadra dei Gallaxi che milita nel campionato Csi di calcio a 7.
Racconta il responsabile Mauro Sapelli: «Quest’estate per puro caso abbiamo visto Vander, un ragazzo della Guinea Bissau, che faceva il portiere in una partita a calcetto a Casorate. Ci è piaciuto subito come giocava. E ancora di più quando lo abbiamo conosciuto. Tanto che lo abbiamo convocato per un torneo». Con quel fisico che si ritrova, Vander non ci ha messo molto tempo ad ambientarsi. Ha migliorato le sue qualità di portiere e, nel contempo, è cresciuto di forma, partecipando pure al mini-raduno della squadra a Pollino nel Comune di Premeno (Verbania). Sempre puntuale, sempre pronto a rispondere «presente» alle chiamate del mister.
«Si è distinto sin da subito per la sua serietà e per il puntuale rispetto degli impegni». Sapelli è entusiasta di questo ragazzone che è in Italia da diverso tempo e conosce già abbastanza bene la nostra lingua. Discorso diverso per Sila, vent’anni, aggregato proprio nello scorso weekend alla squadra. «Lui parla francese - informa Sapelli - è un ottimo bomber». Sono in corso, anche per lui, le pratiche burocratiche per entrare a far parte del team anche se la procedura si presenta più complessa. «Gli abbiamo chiesto di giocare con noi per l’amichevole casalinga. Ha accettato e, per il futuro, vediamo cosa si può fare». Potrebbero essere due, insomma, i richiedenti asilo della Guinea Bissau pronti ad essere schierati con la maglia dei Gallaxi, nome che richiama la squadra di soccer di Los Angelese ma anche i Galàcticos del Real Madrid. Il tasso tecnico, forse, è un po’ diverso ma la sostanza non cambia: «Puntiamo a vincere il campionato - annuncia Sapelli - nostro obiettivo è la promozione».
Mentre si continua a discutere sulla possibilità di far lavorare i profughi mentre questi rischiano di passare i loro giorni, mesi e anni nel più completo far niente, paralizzati da un sistema che non funziona, la migliore lezione arriva dal calcio, da una piccola realtà di Gallarate che dimostra nei fatti come non sia vero il sillogismo profugo-delinquente. C’è che si impegna e chi vorrebbe migliorare la sua condizione, anche semplicemente partendo da un rettangolo di gioco. A volte si fanno tanti discorsi sull’integrazione, poi basta buttare un pallone in campo che, come nella famosa partita di Marrakech Express di Gabriele Salvatores, le distanze si azzerano. Non è buonismo, è la realtà.
© Riproduzione Riservata