LA SENTENZA
«I soldi o ti brucio il bar». Rom condannato
Il quarantenne senza fissa dimora aveva minacciato un esercente cinese. Un anno e 10 giorni di reclusione e 220 euro di multa
Sul momento, si pensò al racket. Ma, ben presto, dopo l’arresto di Thomas H., datato giugno 2010, si capì che il 42enne rom, protagonista di abusi alcolici e perennemente senza soldi, non era uno strozzino di professione, bensì un balordo senza fissa dimora e alle prese con una vita molto grama. Con tutte le attenuanti del caso, ovviamente, il suo scriteriato prendere di mira un modesto barista cinese, gestore di un bar sulla Statale del Sempione («dammi subito 100 euro se non ti faccio saltare in aria assieme al locale», la minaccia agli atti), non poteva non essere punito. Punizione doveva essere e punizione è stata. Tradotta in condanna - del Tribunale di Milano, prima, e della Corte d’Appello del capoluogo lombardo, poi -, l’imputato si è visto appioppare, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, una condanna di un anno, un mese e 10 giorni di reclusione e 220 euro di multa. Il tutto, alla luce del corposo certificato penale a suo carico, senza poter godere del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il tentativo di estorsione messo in atto dal rom fu reiterato per tutta la durata del primo giugno di sette anni fa: in mattinata si era recato nell’esercizio gestito dai cinesi per bersi una birra e giocare alle slot machine. D’improvviso si palesò al giovane gestore e partirono le richieste insistenti volte ad ottenere la consegna di 100 euro. A fronte del rifiuto, l’uomo minacciò il suo ritorno in serata per dare fuoco al bar e uccidere il cinese. Una volta uscito, per tutto il giorno, aveva bazzicato nei paraggi, mettendo in ansia l’esercente, che chiese aiuto anche a uno zio. Arrivata sera, ecco la nuova richiesta di denaro accompagnata dalla “confidenza” di «essere un mafioso».
A quel punto, il cinese si decise a comporre il 112 e ottenne il pronto intervento da parte dei carabinieri della stazione di Cerro Maggiore. Al momento dell’arresto, l’aspirante estorsore aveva addosso un coltellaccio da cucina rubato poco prima in un vicino ristorante.
In sede di processo, l’imputato si è difeso negando di aver minacciato i gestori del bar e spiegando di essersi limitato a chiedere del denaro in prestito. E il coltello? Lo utilizzava, a suo dire, a scopo di difesa personale dal momento che in quel periodo viveva all’interno della sua automobile. Non gli hanno creduto.
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