Cei
Il Papa non affretta la scelta del nuovo presidente della Cei
Dopo l'accelerazione dei vescovi scoraggia gli automatismi
Città del Vaticano, 23 mag. (askanews) - Se vi è una certezza, dopo l'accelerazione impressa dai vescovi questa mattina, è che il Papa non ha fretta nella scelta del nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana.
Segno della volontà di Francesco di smontare ogni automatismo e di scoraggiare ogni tentativo di orchestrazione da parte di eventuali cordate. Nel discorso che ha consegnato ieri sera ai vescovi riuniti in assemblea fino a giovedì, del resto, il Papa raccomandava che la scelta del successore di Bagnasco "altro non sia che un segno d'amore alla Santa Madre Chiesa, amore vissuto con discernimento spirituale e pastorale, secondo una sintesi che è anch'essa dono dello Spirito". Tutto, insomma, fuorché una lotta di potere.
E' la prima volta che la Cei è stata chiamata a votare. Fino al cardinale Angelo Bagnasco, presidente uscente, era il Papa, primate d'Italia, a decidere chi guidava l'episcopato italiano. Il Pontefice argentino ha chiesto agli oltre 200 vescovi italiani di votare il proprio presidente, come avviene per tutti gli altri episcopati del mondo. La risposta della Cei è stata incerta. Alla fine è arrivato il compromesso: l'assemblea vota una terna e il Pontefice pesca tra i tre nomi selezionati. Questa mattina sono bastate poche ore agli oltre 200 vescovi italiani per selezionare la terna. "Ecco, abbiamo fatto il nostro dovere", esclamava uno di loro all'uscita, quasi liberato da una inutile incombenza burocratica.
Proprio quello che il Papa non vuole. Come sicuramente non avrebbe gradito eventuali pressioni che fossero giunte a Casa Santa Marta, la sua residenza, sotto forma di suggerimenti discreti o di una scelta presentata ormai per scontata. I vescovi, del resto, non hanno voluto eleggere il loro presidente, e ora la palla sta al Papa, che si prenderà il tempo di "discernimento spirituale e pastorale" che ritiene necessario. Da Casa Santa Marta non filtra nulla sulla decisione del Papa, e l'unica certezza che aleggia nell'aula del Sinodo dove si svolge l'assemblea è che il Papa non ha fretta.
La terna eletta dai vescovi annovera il cardinale Gualtiero Bassetti, 75 anni, arcivescovo di Perugia, che, per primo, sarebbe stato eletto con 134 voti dopo - come ha specificato la Cei - un "ballottaggio", il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla, che, secondo, è stato eletto "alla seconda votazione" con 115 preferenze e, terzo, l'arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro eletto "alla prima votazione" con 126 preferenze. Dalla prima alla terza votazione sarebbero prima aumentati, poi raddoppiati i consensi raccolti dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e a lungo segretario generale della Cei all'epoca del cardinale Camillo Ruini. Tutti e tre hanno ricevuto un buon numero di voti fin dalla prima votazione. Tutti e tre sono pastori - più ecumenico il primo, un solido profilo teologico il secondo, pastore cordiale il terzo, che il Papa conobbe a Lampedusa - che il Papa può apprezzare. Francesco, però, vuole scegliere, come ha detto, con una "sintesi che è dono dello Spirito". Non di eventuali calcoli elettorali di chi si muove dietro le quinte, per contarsi o per influire, anziché nel campo aperto del confronto collegiale.
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