«Il voto elettronico? Facile e sicuro»
Maroni smonta dubbi e polemiche sul 22 ottobre. Poi invita Berlusconi all’adunata della Lega
Per la prima volta in Italia il voto si esprime in modo elettronico. Una novità al passo con i tempi, che caratterizza il referendum per l’autonomia regionale del 22 ottobre. Ma anche una novità che ha generato polemiche e preoccupazioni. A cui, ieri, lunedì 9 ottobre, davanti ai sindaci e ai rappresentanti dei Comuni lombardi, hanno risposto il governatore Roberto Maroni e l’assessore delegato al referendum Gianni Fava.
Convocazione a cui hanno risposto in molti per sapere, capire, confutare. In verità, le preoccupazioni appaiono eccessive, essendo la scelta tra il sì, il no e la scheda bianca di estrema facilità. A prova di imbecilli, per dirla con una frase fatta.
All’interno delle cabine nei seggi elettorali saranno disponibili dei tablet (voting machine), dotati di uno schermo touch screen, che permetteranno ai cittadini di esprimere senza difficoltà la propria preferenza tra le tre opzioni possibili. Tablet acquistati dalla Regione in 24mila esemplari, che saranno distribuiti negli 8mila seggi. Il costo dell’operazione si aggira sui 23 milioni di euro. Qui nasce la prima osservazione critica.
Troppi soldi per un referendum consultivo, di cui si poteva anche fare a meno. Vecchia questione, a cui Maroni contrappone la necessità di dare voce ai lombardi, rafforzando il peso politico delle richieste di autonomia da presentare a Roma. Ma anche il fatto che i dispositivi elettronici rappresentino un investimento: rimarranno a disposizione delle scuole.
Secondo punto di presunta debolezza: il ricco appalto vinto da una discussa azienda, che però vanta una collaudata esperienza nel voto digitale.
Maroni e Fava assicurano che i tablet garantiscono segretezza del voto e consentono agli elettori di visualizzare la scelta selezionata, confermare o ripetere l’operazione per una volta sola.
«Anche il Ministero dell’Interno ha riconosciuto l’affidabilità del sistema» rimarca Maroni. Ma qualcuno avanza timori per il fatto che la vincitrice dell’appalto avrebbe fatto fiasco elettorale negli Stati Uniti e, addirittura, per avere manipolato le regole elettorali in Venezuela.
Accuse che rimbalzano come una boomerag proprio per l’avallo di Marco Minniti sulla segretezza del voto e, soprattutto, sulla sua inviolabilità. Rassicurazioni tecniche, se vogliamo, illustrate alla folta platea riunita in Sala Biagi a Palazzo Lombardia. Da cui è rimasta fuori la politica, perlomeno nella parte ufficiale.
A margine, incalzato dai giornalisti, Maroni ha ribadito alcuni concetti, soffermandosi sugli amministratori del Pd che si sono schierati per il sì.
Dice il governatore: «Hanno anteposto gli interessi dei cittadini agli ordini di partito e questo per chi governa e amministra è una cosa importante».
Poi una stoccata ai 5 Stelle: «Anche se hanno votato a favore del referendum, mi pare ne siano ora defilati».
Infine un appello a Silvio Berlusconi: «Lo sentirò nei prossimi giorni per chiedergli di andare sabato mattina alla manifestazione che Forza Italia organizza sul referendum a Milano. Sarebbe un bel segnale. So che è molto occupato, però adesso che non ha più a che fare con il Milan magari un’oretta libera la trova per una cosa davvero importante».
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