UNIVA
Imprese, pericolo cinese
Il presidente Comerio lancia l’allarme: no allo status di economia di mercato concesso della Repubblica popolare, solo in provincia di Varese sarebbero a rischio migliaia di posti di lavoro
Per anni economisti e imprenditori si sono arrovellati, cercando di rispondere a un interrogativo inquietante per lo sviluppo della nostra economia: la Cina rappresenta un pericolo o una opportunità di sviluppo per le nostre aziende? Da un lato gli imprenditori tessili a testimoniare come i loro telai si siano fermati a causa del basso costo della manodopera, dei prodotti contraffatti o esportati senza etichettature adeguate. Dall’altro gli studiosi, a snocciolare dati sulle opportunità offerte da un mercato enorme e da una economia in costante crescita. E intanto l’industria italiana, e varesina, negli anni è riuscita a barcamenarsi, mentre il Drago - con il passare del tempo - perdeva il suo alone di terrore. Ora, però, si cambia di nuovo. E il Drago torna feroce a far paura, anzi terrore alle aziende del Varesotto. Sì, perché il rischio concreto è che, in tempi ragionevolmente brevi, i mercati siano inondati di nuovi prodotti cinesi. Con buona pace del Made in Italy. C’è il pericolo concreto, infatti, che l’Ue riconosca entro il 2016 alla Cina lo status di “Economia di mercato”. Se così fosse, nella sola provincia di Varese, sarebbero a rischio migliaia di posti di lavoro. La forbice va da un minimo di 2800 persone a un massimo di 5700. Un vero tsunami per l’economia della provincia.
A lanciare l’allarme è stato, giovedì 4, il presidente degli industriali varesini, Riccardo Comerio. «Il venir meno della protezione anti-dumping - ha spiegato il numero uno degli industriali varesini - potrebbe mettere a rischio fino a 400mila posti di lavoro in Italia. E per la nostra provincia il prezzo da pagare sarebbe pesantissimo, fino a 5700 posti persi». L’eliminazione delle protezioni, infatti, potrebbe provocare un incremento dell’import cinese variabile tra il 25 e il 50 per cento. «I numeri sono molto pesanti - ha sottolineato Comerio - e, purtroppo, sarebbero distribuiti su tutto il manifatturiero, pur con una maggiore sofferenza, probabilmente, ancora per il tessile. Ma nessuno sarà immune». La battaglia, si sa, è tutta europea. «Noi non possiamo che cercare di far sentire la nostra voce - ha detto il presidente - ma sappiamo che la strada è in salita. Abbiamo già perso purtroppo battaglie importanti, come quella del Made in. In Italia, del resto, c’è una connotazione del manifatturiero diversa da altri Paesi d’Europa, con istanze differenti che non sempre vengono accolte. Noi però continueremo a mettere in evidenza tutti i rischi della partita».
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