PERCORSI
In bicicletta come 100 anni fa
Olindo Guerrini, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti, era un ciclista arrabbiato, tanto da comporre anche un Inno del Touring Club Ciclistico Italiano, sorto a Milano nel 1894 per volontà di 57 velocipedisti capitanati da Luigi Vittorio Bertarelli e Federico Johnson. Negli archivi del Touring esiste una sua fotografia in sella a una «birota» o «bicicletto»: cappellino con visiera, barba moseica a due punte, un imponente faro a carburo innestato sul manubrio.
Il perfetto ritratto del ciclista Belle époque, che partiva alla scoperta delle bellezze d’Italia non ancora sconciate dalle guerre e dalla speculazione edilizia, su strade sterrate e inghiaiate, bisaccia al collo e polvere negli occhi e negli orecchi, una pistola scacciacani in tasca regalata dal Tci agli abbonati della rivista.
La bizzarria di Guerrini/Stecchetti fu proverbiale: addirittura dichiarò, nell’introvabile volumetto del 1901 «In bicicletta», come «il sottoscritto, viaggiando in velocipede da un villaggio all’altro, potè un giorno tradurre con egual metro, numero di versi e di sillabe, una stupenda poesia di Richepin sul ciclismo: nessuno, leggendola, avrebbe affermato che era fatta coi piedi. I piedi c’entravano, ma solo a spingere il velocipede».
La premessa temporale era doverosa per inquadrare lo splendido libretto che Pietro Macchione ha pubblicato con la curatela di Claudio Tognozzi: «Il cicloturismo al tempo del Liberty - 100 percorsi di 100 anni fa, Lombardia e dintorni 1895 - 1904» (pagg. 128, 20 euro). Un libretto ricchissimo di materiale iconografico d’epoca - dalle pubblicità delle case ciclistiche, a quelle dei ricambisti, dalle fotografie alle carte topografiche - e fascinoso per l’ipotesi di ritentare qualche percorso con gli occhi (e i pedali) di oggi.
La bicicletta fu strumento di una vera e propria rivoluzione, tra i ciclisti da Grand Tour c’erano gli scrittori Alfredo Oriani («una bicicletta può ben valere una biblioteca») e Carlo Linati, Jules Burgmein compose un divertentissimo brano pianistico con tanto di interventi parlati (i guaiti di cani investiti e lo starnazzare di oche spaventate), il cui spartito si vendeva con un campanello da applicare al pianoforte per meglio rendere l’effetto, le donne, nonostante le gonne, pedalavano con entusiasmo ben prima del film «Bellezze in bicicletta» del 1951.
Nel libro si legge che nel 1903 a Milano circolavano ben 26.721 biciclette, malgrado la tassa fosse elevata e comportasse l’applicazione sul mezzo di una targhetta, spesso rubata. Nel 1909 nacque il Giro d’Italia vinto dal nostro Luison Ganna, il pistard Romolo Buni, che partecipò alle Olimpiadi di Parigi del 1900, sfidò, al trotter di via Andrea Doria a Milano, Buffalo Bill a cavallo uscendone sconfitto.
Nascevano le grandi case produttrici, Bianchi, Legnano, Dei, l’esercito si dotava di biciclette pieghevoli per i bersaglieri, e il libro ci riporta le réclame dell’epoca che magnificano copertoni, selle, telai, borse e fanali al carburo, freni a contropedale e manubri elastici.
La bicicletta come primo mito della velocità, in attesa dei manifesti futuristi, silenziosa e amica, come scrisse don Cesare Angelini, letterato, cappellano degli alpini nella Grande Guerra e garbato cantore del paesaggio lombardo, definendola «l’immagine visibile del vento».
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