INCHIESTA
Interrogato il presidente della Croce Rossa
Pierfrancesco Buchi, numero uno della Cri di Luino, sentito dagli uomini delle Fiamme Gialle che hanno condotto l'indagine
Alle prese con una vicenda che ha sollevato molto clamore (oltre a Buchi sono indagate altre dieci persone, fra dipendenti e volontari della Cri, in relazione a presunte irregolarità nella gestione dei fondi pubblici destinati all’ente: accuse di abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, falsità materiale e truffa ai danni dello Stato), il difensore si dice soddisfatto di quando avvenuto negli uffici della Gdf di Luino. «Il mio cliente - spiega - si è fatto interrogare, abbiamo prodotto documentazione e anche le testimonianze di tre persone, raccolte con indagini difensive, che permettono di fare chiarezza sulla vicenda a 360 gradi, senza lasciare alcuna zona d’ombra. La posizione di Buchi è stata chiarita e vedremo ora che cosa deciderà di fare la Procura. Ci auguriamo che si arrivi a una richiesta di archiviazione, ma in ogni caso siamo certi che ora si possa dare una lettura della vicenda meno parziale rispetto a quella scaturita dalle indagini».
In relazione all’accusa mossa a Buchi di abuso d’ufficio, l’avvocato De Vincenti sottolinea ancora una volta come sia evidente la mancanza di dolo da parte del presidente per quanto riguarda la decisione di acquistare materiale di cancelleria da un’azienda legata alla sua famiglia. «Si tratta di un fornitore storico della Croce Rossa di Luino, parliamo infatti di rapporti che durano da decenni, ma quello che conta è la mancanza di dolo da parte di Buchi. Si può discutere dell’opportunità di mantenere questo rapporto con lui presidente, ma la rilevanza penale è una cosa diversa: non credo proprio che si possa sostenere che si sia fatto nominare allo scopo di arricchire la sua famiglia. Arricchimento molto relativo, inoltre, se pensiamo che si discute di una cifra ampiamente sotto i 10.000 euro».
Nelle scorse settimane Buchi aveva già incassato la fiducia del presidente regionale della Cri Maurizio Gussoni, che sostiene tra l’altro che le attività gratuite contestate nell’indagine sono «autorizzate da una determina antecedente nel tempo, dalla natura umanitaria della Cri e dalla consuetudine».
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