MUDEC
Kandinskij, il cavaliere errante
Kandinskij prima di Kandinskij. Le opere degli ultimi decenni (quelle più famose) della produzione dell’artista russo, padre nobile dell’arte astratta, non sono che la fase finale di un lungo percorso di assimilazione e rielaborazione di simboli della tradizione. È questo il filo conduttore della mostra «Kandinskij. Il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione», organizzata da 24 Ore Cultura e curata da Silvia Burini e Ada Masoero. Un progetto creato appositamente per il Mudec, il museo milanese dedicato alle culture del mondo, che indaga i legami tra la cultura popolare russa e la rivoluzione astrattista del grande maestro.
Il percorso raccoglie in quattro sezioni una cinquantina di opere autografe arrivate dall’Ermitage di San Pietroburgo, dalla Galleria Tret’jakov e dal Puškin di Mosca, oltre che da vari musei esteri e accosta ai dipinti, agli acquerelli, alle silografie, 85 reperti esemplificativi dell’immaginario stratificato nei ricordi visivi del maestro e destinato a riemergere nelle sue opere.
Quando la strada di Kandinskij sembrava ormai determinata un viaggio cambiò l’esistenza di quel giovane di buona famiglia della Russia di fine Ottocento avviato a una brillante carriera universitaria in ambito giuridico. Durante una spedizione di ricerca nelle campagne della Vologda, 500 chilometri a nord di Mosca, Kandinskij fu colpito dai colori e dai decori delle vesti della gente del posto (ai suoi occhi «vive immagini dipinte che si muovevano su due gambe») e, più ancora, dalle isbe profumate di incenso con alle pareti stampe popolari (lubki) e attrezzi colorati. Un incontro che lo cambiò nel profondo tanto da scrivere nell’autobiografia: «Restai inchiodato di stupore davanti alle pitture sorprendenti che da ogni lato mi circondavano. […] era come se io stesso fossi penetrato nella Pittura».
Lasciò la carriera, una cattedra in legge offertagli in Estonia e la moglie Anja, compagna di università e intellettuale, che non condivideva la decisione di partire per Monaco per iscriversi all'Accademia. E iniziò un nuovo percorso tutto dedicato all’arte, «l’unica con il potere di trasportarmi fuori dallo spazio e dal tempo».
Questo viaggio a ritroso nella cultura che permeava il suo Dna è ben presentato in mostra nel dialogo serrato tra opere e abiti, tessuti, arredi, giocattoli in legno.
I dischi solari incisi sui battipanni delle donne di Kerchomja ispirarono lo scudo di San Giorgio nel «Cavaliere» del 1914. L’uccello del paradiso disegnato sui lubki ritorna in volo in alcuni acquerelli del 1916; il carro di fuoco del profeta Elia, visto in un'icona cinquecentesca da Novgorod, è citato nell'«Improvvisazione» del Puškin.
Il tema dei cavalli, le reminiscenze dei luoghi incontrati nel suo viaggio iniziatico si mescolano con le suggestioni moderne, i «Covoni» di Monet visti a Mosca, il Blaue Reiter (il cavaliere azzurro, fondato con Franz Marc nel 1911) e la folgorazione per la musica, «la più astratta delle arti», presa a modello per raggiungere la «vibrazione interiore» offerta dal colore. Nascono così i capolavori astratti (in mostra tra gli altri «Quadro con cerchio» (1911) e «Tratto nero» (1920), entrambi dal Georgian National Museum di Tbilisi e mai visti prima in Europa).
«Per anni ho cercato di ottenere che gli spettatori passeggiassero nei miei quadri. A volte ci sono riuscito. Ne ho visto l'effetto sui loro volti»: in mostra questa esperienza immersiva è possibile grazie a un’installazione multimediale ideata dal collettivo camerAnebbia per un tuffo nei simboli e nei colori dell’artista russo con storie visive che evocano la genesi delle immagini di Kandinskij.
«Kandinskij. Il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione» - Milano, Mudec, fino al 9 luglio da martedì a domenica 9.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30, lunedì 14.30-19.30, 12/10 euro, 02.54917.
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