L’EX PM DI VARESE
La controffensiva di Abate
Nella prossima udienza del «processo disciplinare» al Csm - in programma il 23 febbraio - saranno ascoltati i testimoni della difesa
Proseguirà il 23 febbraio, e dovranno essere ascoltati testimoni a difesa, il processo disciplinare al Csm all’ex pm di Varese Agostino Abate, che per 26 anni è stato titolare dell’indagine sul delitto di Lidia Macchi, avvenuto nel gennaio del 1987. Abate deve rispondere, davanti alla sezione disciplinare del Csm, di una serie di violazioni in questa ed altre indagini. Ha ottenuto che i cinque diversi procedimenti disciplinari a suo carico fossero riuniti in uno solo. Sempre su richiesta del magistrato, si proseguirà con la citazione dei testimoni tra cui il capo della segreteria del suo ufficio a Varese, un funzionario di polizia che ha indagato sul caso Macchi, un finanziere e un avvocato del foro di Varese.
Abate un anno fa è già stato sanzionato dal Csm (con il taglio di due anni della sua anzianità e il trasferimento in tribunale a Como) per aver omesso o comunque ritardato il compimento di atti nell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Uva. Secondo l’accusa che gli viene ora mossa dalla procura generale delle Cassazione, l’ex pm nelle indagini sul delitto Macchi «con una serie di comportamenti improntati a grave violazione di legge e inescusabile negligenza, ha arrecato ingiusto vantaggio all’ignoto autore del reato in questione, affievolendone la possibilità di identificazione». Durante il “lunghissimo periodo” nel quale si è occupato dell’indagine, secondo l’ufficio del pg della Cassazione, Abate avrebbe «omesso qualsivoglia iscrizione nel registro degli indagati», non avrebbe vigilato sui reperti del delitto, che sono stati poi distrutti, mentre altri sarebbero stati custoditi dal pm «in modo del tutto anomalo» nella cassaforte del suo ufficio. Abate è poi accusato di aver tenuto comportamenti scorretti nei confronti di una collega e del capo della procura di Varese, di aver adottato provvedimenti privi di motivazione, ritardato nel compimento di atti e di altre violazioni di legge determinate da «ignoranza e negligenza inescusabile».
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