CONSIGLIO COMUNALE
La notte di Lozito e Cassani
Uno torna ad essere presidente dell’assemblea cinque anni dopo. Il neosindaco giura promette di battersi per rendere Gallarate una città più sicura: «Non cerco scheletri negli armadi»
«Quando abbiamo detto di voler voltare pagina non stavamo scherzando». Andrea Cassani non vuole trascorrere i suoi prossimi cinque anni in fascia tricolore «a cercare gli scheletri negli armadi» o a puntare il dito contro chi commetterà errori. «Io non ho paura di quelli che sbagliano, perché chi fa, può sbagliare». Non è certo sua intenzione mettere le mani avanti, ma dalla lunga notte di festa del 19 giugno sono passati soltanto ventidue giorni, eppure sembra già un ricordo sbiadito.
In tre settimane di lavoro solitario senza giunta al fianco il neosindaco ha già avuto modo di capire quanto sia difficile gestire una città complessa come Gallarate, quanto sia complicato mettere d’accordo teste e anime di una coalizione eterogenea e ambiziosa. I problemi sono tanti. «Non tutti li potremo risolvere, ma a tutti prometto che dedicheremo attenzione», è il vero giuramento di Cassani davanti alla Costituzione. Non cerca scheletri negli armadi, ha di meglio da fare.
Nel suo discorso di insediamento, il primo cittadino ha impartito un ordine di priorità, ha ricordato che il programma elettorale vincente è «un programma che parte dal tema della sicurezza, sul quale l’opinione pubblica chiede con insistenza crescente nuove risposte». Si riterrà un sindaco soddisfatto, dunque, solo se «nei prossimi cinque anni Gallarate diventerà una città più sicura, meno vulnerabile al degrado, meno esposta a fenomeni come l’accattonaggio e il commercio abusivo».
Il giuramento del neosindaco è stato il clou di una serata che - dopo l’annuncio dei componenti, già noti, della giunta di centrodestra - ha avuto l’altro momento pregnante nella nomina del presidente del consiglio comunale.
Tutto come previsto: anche se fino all’ultimo qualcuno è andato in giro a dire che questa sarebbe stata l’ultima occasione per i lunghi coltelli con appoggio a un candidato super partes (tipo Rocco Longobardi) o addirittura di un personaggio della maggioranza appoggiato dall’opposizione così da rompere l’asse preconfezionato da Andrea Cassani (tipo Luca Carabelli), Donato Lozito torna presidente a distanza di cinque anni dalla sua ultima esperienza alla guida del consesso cittadino durante l’amministrazione di Nicola Mucci.
«Una persona degna» per Stegano Deligios della Lega, «una persona equilibrata», per Giuseppe De Bernardi Martignoni (FdI), «un nome condiviso», a parere di Alessandro Petrone (FI). Rapida la votazione con il primo appello che non va a segno perché serve la maggioranza dei due terzi (17 voti su 23 presenti): Lozito prende 14 consensi, l’opposizione preferisce mettere nell’urna la scheda bianca (9). Alla seconda conta – sono da poco passate le 21.15 – il consigliere eletto nella lista della Lega civica riceve l’investitura con 15 voti a favore e otto schede bianche, una in più di quanto ottenuto al primo scrutinio.
Lozito è emozionato ma deciso quando va al microfono. Parla con fermezza e lancia un appello che fa bene alla politica, augurandosi pure che il pubblico sia sempre così numeroso: «Mi piacerebbe si sviluppasse un confronto aperto ma che abbia, al di là di statuti e regolamenti, un fondo di regole non scritte, quelle del buon senso e del rispetto istituzionale». E, rivolgendosi alla minoranza, che chiama «non governo», regala una speranza dopo anni di scontri duri e al limite della correttezza. Minoranza che, a cominciare dall’ex sindaco Edoardo Guenzani, si è detta critica non tanto sulla scelta della persona, quanto sul metodo dell’elezione.
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