NATALE
La scelta dell’albero tra il vero e il sintetico
Con il ponte dell’Immacolata è via libera nella case italiane all’addobbo dell’albero di Natale. Ma qui si pone una doverosa domanda: lo prendiamo vero o sintetico? Ci sono due scuole di pensiero, quelli che un albero sintetico è per sempre, proprio come un diamante, e quelli che invece non possono stare senza il profumo dell’abete che aleggia per la casa. Fino all’anno scorso l’albero cosiddetto ecologico andava per la maggiore perché ci si sentiva più green.
I risultati dell’indagine Coldiretti/Ixè invece per quest’anno segnalano un’inversione di tendenza: salgono a 3,8 milioni (ossia un + 3 per cento) di alberi veri addobbati nelle famiglie italiane. La maggioranza degli italiani (sette su dieci) sceglie ancora l’albero sintetico, in gran parte recuperandolo dalla cantina, ma aumentano quelli che si recano dal vivaista ad acquistarne uno vero.
Vero o sintetico che sia, in casa o nel giardino, l’albero di Natale vince sempre su tutto e lo troviamo nell’88 per cento delle famiglie italiane anche se, si evince sempre dall’analisi di Coldiretti, con il cambiamento degli stili di vita si registrano nuove tendenze. L’albero vero lo si predilige sempre più piccolo e non solo per questioni economiche, ma anche per la facilità di trasporto e del minor numero di metri quadrati disponibili per abitazione. Negli ultimi quindici anni la dimensione l’albero di Natale si è accorciato in media di quasi mezzo metro ed oggi la maggioranza degli abeti acquistati dagli italiani hanno una altezza inferiore al metro e mezzo. Ma quanto spendono gli italiani per un albero di Natate? Sempre secondo Coldiretti per un albero vero si stima in media una spesa di 35 euro, in lieve aumento rispetto dell’anno scorso, anche come conseguenza della tendenza dei consumatori ad acquistare degli abeti di varietà più costose rispetto al tradizionale abete rosso.
A chi invece storta il naso davanti ad un albero vero, Coldiretti ricorda che quelli in vendita derivano per circa il 90 per cento da coltivazioni vivaistiche (in Italia la coltivazione è concentrata prevalentemente in Toscana e Veneto), mentre il restante 10 per cento (cimali o punte di abete) dalla normale pratica forestale che prevede interventi colturali di «sfolli», diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco. Per quanto riguarda invece quelli sintetici arrivano molto spesso dalla Cina e non solo consumano petrolio e liberano gas ad effetto serra per la loro realizzazione e il trasporto, ma impiegano oltre 200 anni prima di degradarsi nell’ambiente. (s.m.)
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