MAGA: FRANCO BUFFONI
L’arte a confronto con la poesia
Il Museo d’arte moderna di Gallarate festeggia le sue nozze d’oro con la città. E lo fa nel modo migliore. Da un lato, replicando per filo (le catenelle) e per segno (i quadri) l’esposizione che cinquant’anni fa inaugurava la Civica Galleria; e dall’altro, affidando la cura della mostra «Ritmo sopra a tutto» a un virtuoso poeta della Città dei due galli, Franco Buffoni, che ha intessuto un singolare percorso espositivo nel tempo tra arte visiva e poesia.
A Franco Buffoni, figura di spicco in campo letterario - oltre che poeta, saggista, narratore, critico, docente universitario, autore di pluripremiati libri di poesia e di narrativa, e traduttore - si devono anche gli incontri con poeti che stanno animando diversi pomeriggi del Maga, come l’avvenuto dialogo con Valerio Magrelli. L’occasione è stata offerta da un altro evento del territorio che ha visto Magrelli ritirare un riconoscimento alla carriera assegnatoli dal Premio di poesia Città di Legnano Giuseppe Tirinnanzi, la cui giuria è presieduta proprio da Buffoni. Sinergie culturali che hanno un altro plus nella collaborazione instaurata tra il Maga e il Palazzo Leone da Perego, sede espositiva legnanese.
Per comprendere meglio la novità del confronto espositivo tra due diversi generi delle arti, abbiamo incontrato Franco Buffoni, che ha cortesemente risposto ad alcune nostre domante.
Quali sensazioni ha vissuto entrando nello spazio che ricostruisce l’appartamento di Gallarate in cui cinquant’anni fa nasceva la Gam?
«Avevo diciotto anni quando ebbe luogo quella mostra e avere il ricordo del proprio passato ha un valore essenziale. Inoltre, tra i promotori figura anche il nome di mio zio, Mario Buffoni. In questa ricostruzione, vedo le stesse catenelle con cui allora erano appesi i quadri, vicinissimi tra loro sulle pareti in cartongesso. Il tutto è stato eseguito seguendo un sano criterio filologico. Oggi può apparire persino snobistico accatastare tanti capolavori in uno spazio così ristretto».
Quale significato ha per lei curare una mostra nella quale arte e poesia si confrontano?
«È stata un’occasione unica curare la mostra nella mia città natale, da cui mi sono allontanato recandomi anche all’estero e oggi abito a Roma, tuttavia le mie radici e la mia sensibilità più profonda qui si è formata e qui è rimasta. Mi ha interessato l’idea di coniugare l’arte figurativa, oggetto precipuo del Maga, con la poesia, oggetto precipuo della mia professione, trovando nel concetto di ritmo un denominatore comune».
Nella mostra che significato assume la parola ritmo?
«Il termine vale tanto per le arti figurative quanto per la poesia. Se il poeta trova il ritmo trova il soggetto, cioè trova ciò che sta dicendo; se non lo trova, i versi che sta scrivendo non sono arte. Come è stato detto il ritmo può sussistere di per sé, senza metro; mentre il metro non può sussistere senza ritmo. Il ritmo è un fatto ancestrale, è il primo respiro dell’universo, come diceva Dylan Thomas (non Bob Dylan)».
Nei cinquant’anni considerati quali consonanze rilevanti si hanno tra arte e poesia?
«Molte sono le consonanze che si riscontrano nella mostra, a cominciare dalle opere dei poeti-pittori come Amelia Rosselli, che apre il percorso espositivo con il testo di della sua poesia La libellula e alcuni disegni presi in prestito dal Centro Manoscritti dell’Università di Pavia. Rielaborato graficamente, uno dei suoi disegni costituisce l’immagine simbolo dell’esposizione. Altro esempio di poeta-pittore è Eugenio Montale, con in mostra un pastello sempre proveniente dal fondo di Pavia. Mentre del museo gallaratese sono le opere di poeti artisti quali gli ottantenni Emilio Isgrò e Nanni Balestrini che saranno con me nelle prossime settimane di incontri al Maga (il 4 e il 18 dicembre alle 17, ndr). Quindi vi sono poeti come Giovanni Raboni o Vittorio Sereni, alle cui poesie abbiamo accostato quadri di Baj o Sironi aventi con esse consonanze d’epoca, di tema, di sensibilità culturale».
Come mai la mostra nasce nel segno di Amelia Rosselli?
«Al di là di quanto detto circa il suo impegno in campo poetico e pittorico, Amelia - con la quale feci un tour di letture poetiche in Germania pochi mesi prima della sua morte - è un simbolo della democrazia in quanto figlia dell’esule Carlo Rosselli, assassinato assieme al fratello da emissari fascisti in Francia. Amelia Rosselli è una figura di artista unica per il suo plurilinguismo (oltre all’italiano, impiegò l’inglese e il francese). In La Libellula ci mostra la coniugazione del pensiero alla musicalità, con un fortissimo ritmo poetico».
Perché ha preso in considerazione anche poesie in dialetto?
«Al Maga sono presenti con poesie in dialetto il poeta-pittore scomparso Emilio Villa - autore di Di volt, una lüsnada..., cioè A volte, un lampo - e il giovane poeta e artista Dome Bulfaro con La lüs possa: a l’ipermarket te sentet no / quella lüs stracca morta de ciciarà.... La sovrapposizione di poesia e prosa, e la forza espressiva della parola in dialetto fanno nella mostra pendant col ricorso tipico dell’arte contemporanea a pratiche e mezzi multimediali».
I versi della sua pluripremiata raccolta poetica «Jucci» con chi si rapportano in mostra?
«Le mie poesie sono dedicate a una persona da me molto amata e scomparsa in giovane età, Jucci, e trovano in mostra il controcanto artistico nell’opera fotografica di Moira Ricci, l’artista che ha inserito se stessa nelle immagini fotografiche ritraenti la madre scomparsa nelle varie fasi della sua esistenza».
Qual è lo stato della poesia contemporanea in Italia?
«Come si può osservare nella mostra, vi sono molteplici tendenze: si passa da quelle più tradizionali alle più recenti avanguardie, da Montale alla generazione degli attuali quarantenni. Dunque possiamo parlare di una estrema vitalità della poesia italiana. Basta cercarla».
«Il ritmo sopra tutto. Cinquant’anni di storia e di arte al Maga 1966-2016» - Gallarate, Museo Maga, via De Magri 1, sino al 5 febbraio da martedì a venerdì 9.30-12.30 e 14.30-18.30, sabato e domenica 11-19, 5/3 euro.
© Riproduzione Riservata