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Le 50 borse che hanno cambiato il mondo
Che si tratti della Kelly di Hermes o della 2.55 di Chanel, sono le borse le vere amiche delle signore, come direbbe la Marilyn Monroe del film Come sposare un milionario, che cantava i diamanti sono i migliori amici delle donne. È allo stesso tempo l’accessorio più semplice e il più complesso, ma anche quello dalla maggior carica emotiva. Ecco perché De Agostini riedita nella collana Design Museum il libro di Robert Anderson del 2013, Cinquanta borse che hanno cambiato il mondo.
La borsa è un accessorio semplice perché da sempre è stato uno strumento vitale per l’essere umano: la rude sacca da spalla era utilizzata anche dagli uomini e dalle donne della preistoria per trasportare cibo e prole. Ma ha una valenza emotiva molto forte perché è l’espressione più profonda di una donna: compagna, ricettacolo di segreti, status symbol. La presenza di tante emozioni spiega la posizione di questo accessorio nella cultura contemporanea, così come l’esplosione delle It bag degli anni Novanta e Duemila. Così la borsa è diventata un’icona della cultura globalizzata e come tutte le icone viene venerata, desiderata o contestata. La borsetta da signora non è tuttavia l’unica tipologia che il Museo del design vuole celebrare in questo libro. La creazione di uno zaino funzionale destinato all’esercito, comporta, in termini di progettazione, lo stesso capitale necessario per un’elegante baguette di Fendi. Protagoniste del libro sono dunque le tante varietà e l’ingegnosità del design delle borse. A cominciare dalla malconcia Budget Box utilizzata da decine di cancellieri britannici a partire dal 1860 e andata in pensione nel 2010: in legno di pino coperto di pelle di montone scarlatta, interno di piombo per renderla impermeabile in caso di naufragio, rivestito in raso nero. La Carpet Bag era invece la sacca da viaggio fatta con scampoli di vecchi tappeti, in uso dal 1860. È stata la più importante borsa americana del XIX secolo, che ha trovato una risposta al maschile solo con la bisaccia dei cowboy, reinterpretata nel 2001 da John Galliano per Dior, che convertì la D in una staffa. Dopo aver menzionato la prima borsa da viaggio, la mitica Steamer Bag di Louis Vuitton, inventata nel 1901 dal celebre fabbricante francese di valigie di lusso, il libro fa una carrellata sulle borse da professionisti, come il bauletto da medico, o gli zaini dell’esercito americano nel 1910. Quindi passa alle antenate delle borse fashion, come i primi modelli degli anni Venti fatti in Francia, in maglia di metallo e fibbie preziose smaltate, o dello stesso periodo, le sacche viennesi di perline firmate da Likarz-Strauss. C’è spazio per la cartella da scolaro degli anni Cinquanta soppiantata ai giorni nostri dagli zaini, e per le buste di plastica per la spesa inventate da Thulin per l’azienda Celloplast nel 1962. Ma è solo nel 1978 che il nylon diventa il materiale d’elezione delle borse realizzate da un’azienda milanese: era il lusso in forma astratta come lo intendeva una vera rivoluzionaria della moda come Miuccia Prada. Ma i posti d’onore sono per i modelli iconici di Hermes: la Birkin, che si dice sia nata nel 1984 dopo un incontro su un aereo tra il presidente della maison e l’attrice Jane Birkin, un accessorio dei desideri i cui prezzi variano dai 6.000 ai 100.000 euro e oltre, e la Kelly, che nacque in sordina negli anni Trenta e conobbe il successo solo nel 1956, quando venne immortalata dai fotografi al braccio di Grace Kelly, appena sposata con il principe Ranieri di Monaco.
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