MIOGNI
L’evasione minuto per minuto
Il superteste racconta in videoconferenza da un carcere francese la nascita del progetto dei tre romeni e la “collaborazione” delle guardie
All’inizio del 2013 Francesco Cianni era uno degli “ospiti” del carcere varesino dei Miogni e la sua cella era proprio sopra quella dei tre romeni che nelle prime ore del 21 febbraio riuscirono ad evadere dalla casa circondariale (la Squadra Mobile li riacciuffò uno ad uno nel giro di pochi giorni). E giovedì 16 novembre lo stesso Cianni, ora recluso in Francia per reati legati all’immigrazione clandestina, è stato sentito in videoconferenza come teste nell’ambito del processo davanti al Tribunale collegiale presieduto da Anna Azzena a carico di cinque agenti della Polizia penitenziaria, accusati dal pm Annalisa Palomba di essere stati complici dei tre romeni nell’evasione.
Un supertestimone, questo Cianni, dal momento che a lui il leader dei tre romeni, Victor Sorin Miclea, avrebbe raccontato un sacco di dettagli del progetto di fuga già a partire dalla fine di dicembre 2012, e avrebbe riferito anche degli aiuti su cui i tre stranieri potevano contare da parte di alcune “guardie”. E in effetti Cianni ha detto in aula, nonostante il funzionamento a singhiozzo e di non eccelsa qualità della videoconferenza, parole destinate a complicare notevolmente il processo per quattro dei cinque imputati: Francesco Trovato, Rosario Carmelo Russo, Domenico Roberto Di Pietro e Angelo Cassano. Considerato anche il fatto che al momento la Procura non è ancora riuscita a ritrovare Miclea, che dovrebbe essere tornato in Romania, dove forse è di nuovo in carcere.
Cianni ha detto che vide di persona un agente consegnare il suo telefonino a Miclea, mentre tutto il resto lo seppe chiacchierando con lo straniero. Ecco allora la richiesta “obbligata” a sua sorella di portare ai Miogni un cellulare e una sim destinati ai detenuti che progettavano l’evasione («Altrimenti Miclea mi avrebbe pestato»). Ecco la consegna di alcune lime da parte dell’agente responsabile della cucina: lime che si rivelarono inadatte a tagliare le sbarre e furono quindi sostituite con altre acquistate e fatte entrare ai Miogni dalla fidanzata di uno dei tre romeni. Ecco un primo piano - con fuga dalle cucine - e poi un cambio di programma, con informazioni fornite da un altro agente sui «punti oscuri del muro di cinta esterno» e su altri punti inquadrati da «telecamere non funzionanti» (in cambio di queste informazioni, garantiti soldi e prostitute, ha detto ancora il teste). Ecco il progetto di pestaggio di pestaggio ai danni di comandante e vice, condiviso da più guardie e chiesto ai romeni in cambio dell’assistenza nell’evasione. Ed ecco i 20.000 euro per il capoposto della notte tra il 20 e il 21 febbraio «perché desse l’allarme con ritardo».
Servizio completo sulla Prealpina di venerdì 17 novembre p.gr.
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