FONTANA
L’Hangar Bicocca s’illumina d’immenso
Lucio Fontana non è soltanto l’artista che con i suoi «buchi» e «tagli» ha aperto la tela del pittore agli spazi cosmici, è anche il precursore di ambienti artificiali capaci di offrire allo spettatore inedite sensazioni e percezioni spaziali. Ma, a differenza dei quadri, cosa rimane di queste effimere installazioni luminose e interagenti? Pochi elementi concreti e una parziale documentazione che hanno permesso a un’équipe della Pirelli Hangar Bicocca (Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolí) di ricostruire scientificamente, con la Fondazione Fontana, 11 dei 19 lavori di Fontana e riproporli nello spazio milanese.
Iniziano e chiudono il percorso nelle gigantesche navate oscurate dell’Hangar due interventi ambientali commissionati al tempo da architetti. Il primo è «Struttura al neon per la IX Triennale di Milano», un arabesco luminoso di oltre 100 metri di tubi al neon su un cielo «blu Giotto» che alla Triennale del 1951 apriva il dialogo tra arte e architettura, anticipando i celebri neon di Dan Flavin (che a Varese conosciamo per Villa Panza).
Il secondo intervento è «Fonti di energia, soffitto al neon per Italia 61» a Torino, grandiosa installazione di neon blu e verdi sospesi in una sala con pareti rivestite di alluminio che dilatava lo spazio.
Tra queste strutture luminose in spazi aperti si inseriscono i nove «Ambienti spaziali», chiusi, a cominciare dal primo e più famoso «a luce nera», la luce ultravioletta proveniente da sei lampade Wood che consentiva di spigionare cromatismi viranti dal giallo al violaceo, al rosato e al bluastro, da forme biomorfe di cartapesta dipinte con colori fluorescenti e installate sul soffitto della Galleria del Naviglio a Milano nel ’48. Fontana aveva alle spalle la pubblicazione in Argentina, due anni prima, del Manifiesto Blanco (base dello Spazialismo) in cui delineava una nuova arte connessa alle dimensioni «tempo e spazio».
Ritorna nel ‘64 alla XIII Triennale con due ambienti, «Utopie», a cui collabora l’artista «cinetica» Nanda Vigo, progetta nel 1966 un Ambiente spaziale per il Walker Art Center di Minneanapolis, prima uscita dall’Italia di «The Spatial Concept of Art», e nello stesso anno a Foligno illumina con luce di Wood traiettorie diagonali fluorescenti in cui i visitatori si sentono spaesati. Quindi progetta «Ambiente spaziale» per la mostra internazionale Documenta 4, a Kassel, costituito da uno spazio labirintico in bianco accecante che conduceva a un «taglio»: una conclusione che sembra preconizzare quella della sua vita avvenuta a Comabbio, in provincia di Varese, da lì a poco, il 7 settembre 1968.
Lucio Fontana, «Ambienti/Environments» - Milano, Pirelli Hangar Bicocca, via Chiese 2, sino al 25 febbraio 2018, da giovedì a domenica ore 10-22, ingresso gratuito, 02.66111573.
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