IL PERITO
«Lidia fu uccisa al Sass Pinì»
La “verità” del criminologo ribalta quella del medico legale che eseguì l’autopsia
«Lidia Macchi fu uccisa al Sass Pinì».
Dopo la pausa estiva, il processo a Stefano Binda per il delitto del 5 gennaio 1987 è ripartito oggi, giovedì 7 settembre, con una “verità” completamente diversa da quella dell’ultima udienza di luglio, udienza in cui il medico legale Mario Tavani, che trent’anni fa eseguì l’esame autoptico sul corpo della studentessa di Casbeno, aveva affermato appunto che «Lidia Macchi non fu uccisa al Sass Pinì».
Oggi davanti alla Corte d’Assise ha deposto, tra gli altri, il criminologo Franco Posa, consulente della Procura generale di Milano, autore di uno studio “criminodinamico” dell’omicidio e di interpretazioni della lettera anonima “In morte di un’amica” e dei diari di Stefano Binda risalenti all’epoca in cui l’uomo era in una comunità di recupero per tossicodipendenti.
Posa ha ricostruito la sequenza delle coltellate, iniziata in auto con una lesione alla mano sinistra di Lidia e conclusa da sedici fendenti sul corpo prono a terra, che manifesterebbero «una efferata volontà violenta» dell’assassino. Lidia avrebbe perso 1.500 cc di sangue, quasi tutti assorbiti dagli abiti o rimasti nella cavità toracica, e per questo non ci sarebbe stato sangue dappertutto, nella Panda della ragazza e sul terreno lì accanto.
Ampio servizio sulla Prealpina di venerdì 8 settembre.
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