CHIARA
Luino s’inchina a Lina
Il premio alla carriera consegnato alla Wertmuller: la celebre regista regala pillole di saggezza al pubblico del Sociale
Doveva fare l’avvocato, ha finito presto con l’innamorarsi di cinema e teatro. Ha un cognome che per via paterna le deriva dalla Svizzera interna, ma si dichiara innamorata del sud Italia e del sole. E’ stata toccata dalla fama (prima donna regista nominata all’Oscar, anno 1975), ma dichiara candidamente che «dopo di allora i produttori americani si sono dimenticati di me ed è stata una fortuna: meglio non credere al potere della notorietà».
Autentica, semplice, ineffabile. Il sole di Luino ha accolto Lina Wertmuller al Teatro Sociale, dove le è stato conferito il Premio Chiara alla carriera. Regista dapprima teatrale al fianco di pezzi da novanta come Garinei e Giovannini, poi televisiva per trasmissioni cult del sabato sera formato bianco e nero come “Canzonissima” e “Studio Uno”, infine cinematografica nientemeno che come spalla di Federico Fellini prima di lavorare per proprio conto in pellicole che hanno fatto la storia del nostro cinema: la Wertmuller è stata accolta da un pubblico di intenditori a cui ha regalato pillole di saggezza.
Sostantivo scelto non a caso: introdotti da Claudia Donadoni, attrice e autrice teatrale, il giornalista Paolo Mereghetti, critico della settima arte per il “Corriere della sera” e Mauro Gervasini, suo collega nonché consulente selezionatore della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, hanno avuto il loro da fare per intervistare dal palco la regista. Persona più schiva di quanto il pensiero comune potesse attendersi da una donna di tale importanza, portata forse per natura o per età a non spendere più parole del necessario nelle risposte (pregio raro e non solo nel mondo della celluloide, dove l’apparire conta spesso molto più dell’essere), l’ospite del Premio Chiara ha fatto poco o nulla per compiacere il pubblico varesino.
S’è detta felice di ricevere il premio, ma aggiungendo di non sapere perché glielo abbiano conferito; contenta di trovarsi sulle sponde del Lago Maggiore, ma precisando di conoscere poco di Piero Chiara; soddisfatta delle proprie scelte professionali, ma respingendo la domanda iniziale che la voleva - eravamo negli anni Sessanta - una delle poche donne del mondo del cinema contrapposte a una regia composta quasi da soli uomini: «Non mi sono mai posta il problema».
Ottima la scelta, dunque, per l’anno 2016 da parte di Romano Oldrini, Bambi Lazzati e dell’Associazione Amici di Piero Chiara di cui sono da sempre i principali artefici. Un solo neo da registrare del bel pomeriggio luinese: la sala non proprio piena. Era già accaduto nelle edizioni passate e tornerà ad accadere. Se non passi (e di frequente) per il piccolo schermo, la gente ti dimentica. Non tutta. Quella, s’intende, che segue di solito il Grande Fratello.
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